giovedì 27 giugno 2019

Julian Assange - Comunicato



VICENDA JULIAN ASSANGE-WIKILEAKS


RETE CIVICA LIVORNESE CONTRO LA NUOVA NORMALITA’ DELLA GUERRA
TAVOLO PER LA PACE DELLA VAL DI CECINA

COMUNICATO  CONGIUNTO


Castagneto Carducci, li 27/06/2019

Un video che mostra l'uccisione di 15 civili tra cui un giornalista Reuters da parte dei militari Usa che sparano dall'alto di un elicottero Apache sopra i cieli di Baghdad, i documenti che evidenziano i trucchi con i quali Hillary Clinton riuscì a vincere le primarie del 2016 contro Bernie Sanders, gli archivi relativi alle tecniche di tortura applicate ai prigionieri di Guantanamo, gli accordi segreti di TPP, TTIP e TISA, le intercettazioni telefoniche sistematiche nei confronti di tutti i capi di governo dei maggiori alleati internazionali, sono solo alcuni dei documenti che l'attività di Wikileaks e del suo fondatore Julian Assange, hanno fatto emergere dai recessi del vasto apparato di intelligence di cui dispongono gli Stati Uniti.
La diffusione di più di 10 milioni di documenti “classificati” ha permesso a milioni di persone nel mondo di toccare con mano la vera natura del potere che governa la più grande potenza militare del pianeta, che in nome di una inesistente guerra al terrorismo fa strame di qualsiasi legalità internazionale e cerca di imporre le sue regole.

Questo è il reale motivo per il quale Julian Assange è oggi prigioniero.

Ogni singolo atto mosso contro Assange dal suo arresto a oggi, come ogni singola accusa, sono parte di un teatro con il quale gli Stati Uniti grazie a media sempre più servili e incapaci di svolgere il proprio ruolo informativo, vorrebbero convincerci che la pubblicazione di questo materiale, in barba allo stesso  Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti , costituisce un atto di spionaggio, reato per il quale nessun giornalista negli Stati Uniti è mai stato condannato.
Se tuttavia dovessimo convenire con il generale John Demers, capo della divisione Sicurezza Nazionale del Dipartimento di Giustizia, che “Julian Assange non è un giornalista”, ci dovremmo chiedere di conseguenza perché, mentre Wikileaks svelava tanti retroscena criminali della politica estera e interna statunitense, i giornalisti delle grandi testate come dei grandi network continuassero ad avallare qualsiasi versione ufficiale dei fatti senza neppure indagare, firmando articoli e servizi che, a distanza di anni e alla luce di quanto sappiamo grazie a persone come Assange, mostrano in tutta la loro crudezza quanto sia caduto in basso il giornalismo dei media mainstream.

Facendo un parallelo con quanto accade nella nostra piccola, ma - nostro malgrado - strategica città, noi, della Rete Civica Livornese contro la Nuova Normalità della Guerra e del Tavolo per la Pace, proviamo ad immaginare come sarebbe stato utile in questi anni avere un giornalista che scoprisse e denunciasse i progetti di rafforzamento del traffico di armi sul porto di Livorno con Camp Darby, mentre tutte le maggiori testate locali e nazionali millantavano un progressivo smantellamento della base senza lo straccio di una prova. Come sarebbe utile oggi trovare giornalisti che si battessero per aprire i cassetti della nostra Prefettura che nascondono i piani di emergenza in caso di incidente nucleare o che provassero a scoprire la reale entità dei traffici e il vero ruolo che Camp Darby ricopre nella strategia militari statunitense.

Anche per questa prospettiva, la Rete Civica Livornese contro la Nuova Normalità della Guerra ed il Tavolo per la Pace sono convinti che quella per la liberazione di Assange sia una battaglia da combattere non solo per il riscatto di un uomo che non ha commesso reati, ma per ciò che rappresenta: un simbolo della libertà d’informazione.
L'accanimento con il quale è perseguitato dal 2010 svela la qualità e l'importanza del suo lavoro.
I suoi aguzzini hanno bisogno di un processo esemplare in cui la condanna di Julian Assange serva da monito contro tutti coloro che con le armi dell'informazione combattono la narrazione della potenza egemone: noi dobbiamo impedirlo.

Il coordinatore della Bassa val di Cecina : Jeff Hoffman


Segreteria Tavolo per la Pace della val di Cecina
Comune di Castagneto Carducci (LI) Via della Repubblica 15/B
Tel 0565 778276 - Fax 0565 763845 cell. 3332526023
Facebook/Tavolo per la Pace





lunedì 24 giugno 2019

Chi sono gli incendiari delle petroliere

L’arte della guerra

Chi sono gli incendiari di petroliere

Manlio Dinucci
Mentre gli Stati uniti preparano una nuova escalation in Medio Oriente, accusando l’Iran di attaccare le petroliere nel Golfo di Oman, il vice-premier Matteo Salvini incontra a Washington il segretario di Stato Mike Pompeo, uno degli artefici di tale strategia, assicurandogli che «l'Italia vuole tornare a essere nel continente europeo il primo partner della più grande democrazia occidentale». Aggancia così l’Italia all’operazione lanciata da Washington.
L’«incidente del Golfo di Oman», casus belli contro l’Iran, ricalca «l’incidente del Golfo del Tonchino» del 4 agosto 1964, usato come casus belli per bombardare il Nord Vietnam, accusato di aver attaccato un cacciatorpediniere Usa (accusa risultata poi falsa).
Oggi, un video diffuso da Washington mostra l’equipaggio di una presunta motovedetta iraniana che, in pieno giorno, rimuove dalla fiancata di una petroliera una mina inesplosa per cancellare la sua provenienza (dato che la mina avrà avuto la scritta «made in Iran»). Con queste «prove», che costituiscono un vero e proprio insulto all’intelligenza, Washington cerca di camuffare lo scopo dell’operazione. Essa rientra nella strategia per il controllo delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale e dei relativi corridoi energetici.
Non a caso nel mirino degli Stati uniti vi sono l’Iran e l’Iraq, le cui riserve petrolifere complessive superano quelle dell’Arabia Saudita e sono cinque volte superiori a quelle Usa. Le riserve iraniane di gas naturale sono circa 2,5 volte quelle statunitensi.
Per la stessa ragione è nel mirino Usa il Venezuela, il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo.
Di primaria importanza è il controllo dei corridoi energetici. Accusando l’Iran di voler «interrompere il flusso di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz», Mike Pompeo annuncia che «gli Stati uniti difenderanno la libertà di navigazione». In altre parole, annuncia che gli Stati uniti vogliono controllare militarmente questa zona chiave per l’approvvigionamento energetico anche dell’Europa, impedendo anzitutto il transito del petrolio iraniano (a cui l’Italia e altri paesi europei non possono comunque accedere liberamente a causa del divieto Usa).
Dall’Iran avrebbe potuto arrivare in Europa anche gas naturale a basso prezzo per mezzo di un gasdotto attraverso Iraq e Siria, ma il progetto, varato nel 2011, è saltato in seguito all’operazione Usa/Nato per demolire lo Stato siriano.
Dalla Russia avrebbe potuto arrivare direttamente in Italia, e da qui essere smistato in altri paesi europei con notevoli vantaggi economici, gas naturale per mezzo del South Stream attraverso il Mar Nero, ma il gasdotto, già in fase avanzata, è stato bloccato nel 2014 sotto pressione degli Stati uniti e della stessa Unione europea con grossi danni per l’Italia. E’ invece andato avanti il raddoppio del Nord Stream, che fa della Germania il centro di smistamento del gas russo.
Successivamente, in base all’accordo di «cooperazione strategica Usa-Ue in campo energetico» stipulato nel luglio 2018, le esportazioni Usa di gas naturale liquefatto (Lng) nella Ue sono triplicate. Centro di smistamento è la Polonia, da dove il «gas della libertà» arriverà anche in Ucraina.
L’obiettivo di Washington è strategico: colpire la Russia sostituendo in Europa al gas russo quello statunitense. Non c’è però alcuna garanzia né sui prezzi, né sulla durata delle forniture Usa di gas, estratto dagli scisti bituminosi con la tecnica del fracking ambientalmente disastrosa.
Che cosa dice di tutto questo Matteo Salvini che, arrivato nella «più grande democrazia occidentale», ha orgogliosamente dichiarato «faccio parte di un governo che in Europa non si accontenta più delle briciole»?
(il manifesto, 18 giugno 2019)



lunedì 17 giugno 2019

Tutti leviatani ?

TUTTI LEVIATANI ?

Noi siamo un Paese in cui i ladri sono passati per le armi.
È successo il 7 giugno quando un tabaccaio di Ivrea ha sparato e ha ucciso un ladro moldavo che non era entrato in casa sua né nel suo negozio, che è la nuova licenza di uccidere, ma stava rubando sulla strada una macchinetta cambiavalute con altri due complici.
Abbiamo tanto esecrato certi Stati islamici così opposti alla nostra identità che ai ladri mozzano le mani, ed ecco che siamo diventati più severi di loro, non solo tagliamo ai ladri le mani che rubano, ma togliamo loro la vita che attraversa la nostra, su istigazione del ministro degli Interni e con annesse manifestazioni di tripudio popolare.
È “la giustizia a portata di mano” regredita a violenza e vendetta, di cui ha parlato Maria Rosaria Guglielmi, Sostituta Procuratore della Repubblica a Roma, alla recente assemblea di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”. Ed è ritornare all’indietro, oltre Thomas Hobbes, che con un colpo di genio ermeneutico aveva dato avvio allo Stato moderno immaginandolo come il mostro biblico, il Leviatano, che si assumeva il monopolio della violenza e ne dispensava i cittadini, facendoli uscire dallo “stato di natura”, per farli entrare nello “stato civile”; e se nello stato di natura vigeva la legge della uccidibilità generalizzata, per cui nessuno era sicuro in quella lotta di tutti contro tutti, nello stato civile avrebbe regnato la sicurezza pubblica e la moderna polizia. Ora il Leviatano postmoderno torna alle origini, e invece di limitare dissemina la violenza, facendo sì che Leviatani, i mostri, diventiamo tutti noi.
Il 3 giugno scorso è uscito in libreria, edito da Gabrielli, un libro di Raniero La Valle, “Lettere in bottiglia”, col sottotitolo: “Ai nuovi nati, questo vostro Duemila”, che ci riguarda perché molte delle lettere ivi contenute sono partite, come newsletter, da questo sito. Il libro è stato presentato per la prima volta quel giorno a Cremona, nella sala Zanoni, per iniziativa della Tavola della pace, del Volontariato e di un Cenacolo di preghiera per papa Francesco. Nello stesso momento, poiché mancavano tre giorni alle elezioni, nei giardini comunali di piazza Roma c’era un comizio del ministro Salvini, che ci teneva moltissimo a vincere a Cremona il ballottaggio per il sindaco. All’incontro per la presentazione del libro mancavano alcuni ragazzi che erano andati a sentire e a dissentire da Salvini.
Il resto è cronaca: durante il discorso del leghista, due giovani hanno alzato una sciarpa con su scritto: “Ama il prossimo tuo”. Gente intorno, inviperita, li ha aggrediti e malmenati, sono dovuti intervenire i vigili urbani per salvarli. Identificati poi in questura, è stato loro intimato di non dire nulla dell’accaduto. Ma vedendo il tafferuglio, e lo striscione, il ministro ha gridato alla folla: “Lasciatelo stare, poverino, se non c’è un comunista ai giardinetti noi non ci divertiamo”.  E con commiserazione ha dileggiato quelli che ancora vanno in giro con la falce e martello e la bandiera rossa.
Ai giardinetti in realtà c’era qualcuno che era rimasto fermo al Vangelo, e quella roba comunista il ministro l’ha paragonata ai dinosauri che come relitti di un remoto passato si trovano in mostra al museo delle scienze di Milano.
Così venivano messi allo scoperto due aspetti emblematici dell’attuale fase della vita italiana: tutto ciò che è cattivo, compreso l’amore del prossimo, è “comunista”, e il Vangelo è tornato ad essere un segno di contraddizione. Poi Salvini ha perso le elezioni a Cremona.
Pochi giorni dopo, l’11 giugno, in un’ora e diciassette minuti, dalle 16.49 alle 18.06, il Consiglio dei ministri ha spiantato alcuni pilastri fondamentali dello Stato di diritto:
1)     Con decreto legge passa al ministro dell’Interno, come Autorità di pubblica sicurezza, la difesa delle frontiere marittime, finora compito delle Forze Armate e del presidente della Repubblica che ne ha il comando; il ministro si arroga ora il potere di limitare o vietare “l’ingresso, il transito e la sosta” di navi nel mare territoriale, nel quadro della guerra contro l’immigrazione;
2)     I comandanti delle “navi pirata”, come amabilmente le chiama il ministro dell’Interno nei suoi blog, dovranno pagare un pizzo da 10.000 a 50.000 euro come sanzione amministrativa fuori del controllo giudiziario, se non osservano le limitazioni e i divieti a salvare i naufraghi e a sbarcarli in un porto sicuro; se poi persistono reiterando i criminosi salvataggi e trasporti le loro navi potranno essere sequestrate e confiscate dai prefetti, come le auto colpevoli di infrazioni stradali, senza alcun vaglio da parte di un magistrato; l’intimidazione per impedire i salvataggi in mare e il lavoro umanitario delle ONG diviene pertanto fortissima;
3)     Le procure, come quella di Agrigento, che hanno reso giustizia ai naufraghi imponendone lo sbarco sono esautorate e si estende all’immigrazione illegale la competenza delle procure distrettuali antimafia, così come l’inquisizione con agenti infiltrati e le intercettazioni.
4)     Si alza il livello della repressione contro chi si agita troppo nelle manifestazioni pubbliche e nei cortei, chi si mette il casco o si copre il viso, chi lancia uova razzi o altri oggetti, chi resiste a pubblico ufficiale, interrompe un pubblico servizio e simili. Per dimenticanza, o per la concitazione di tante delibere in un tempo così ristretto, si è trascurato di proibire che in pubblico si leggano o si mostrino da leggere versetti del Vangelo;
5)     Si decreta, incuranti dell’ossimoro, l’arresto in flagranza di chi non è colto in flagranza ma indiziato per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive;
6)     Si punisce la rivendita di biglietti per lo stadio anche per via telematica;
7)     Si modifica il sistema delle carriere nella polizia, potenziando in modo clientelare ricompense, premi e promozioni per meriti a discrezione dei superiori;
8)     Si impugnano diverse leggi regionali e si incassa la rinuncia di molte Regioni ai ricorsi presentati alla Corte costituzionale contro le illegittimità costituzionali del primo “decreto-sicurezza”.
In più, in quell’oretta di alacre e approfondito lavoro si sono approvati trattati internazionali, protocolli, accordi, convenzioni, pareri su contratti collettivi di lavoro, nomine, stanziamenti per i terremoti o i comuni montani, modifiche al codice della giustizia contabile, riorganizzazione degli uffici centrali del ministero dell’Interno, e quant’altro….
Di tutto ciò ben poco si viene a sapere sui giornali se non di un governo che doveva cadere e non cade, per un patto di ferro tra i contraenti.
Intanto l’attenzione, distolta da questi guasti strutturali e permanenti inflitti all’ordinamento, viene dirottata tutta sul falso conflitto con l’Europa e sulle effimere narrazioni sulle tasse da togliere e le spese in deficit da aumentare.
Quando poi la vera sicurezza sarebbe l’amore del prossimo !
[Raniero La Valle]