mercoledì 27 marzo 2019

Cena di autofinanziamento.


Cena di autofinanziamento


Non basta una cena …… ma aiuta!

Non basta partecipare a una cena raccolta fondi ma può aiutare chi ogni giorno si batte per promuovere la cultura della pace. E il 7 aprile diverse associazioni saranno impegnate a Firenze presso il Teatro Odeon per il Convegno internazionale dal titolo “I 70 ANNI DELLA NATO:QUALE BILANCIO STORICO?USCIRE DAL SISTEMA DI GUERRA, ORA.
Insieme al Tavolo per la Pace della val di Cecina ci sono l’ Associazione per un mondo senza guerre, il Comitato No Guerra No Nato, Pax Christi Italia, Commissione Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani, Rivista/Sito Marx21, Sezione Italiana della WILPF (Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà), e altre associazioni la cui adesione è in corso. Nel nostro territorio, per contribuire all’organizzazione del convegno di Firenze il Tavolo per la Pace e la Parrocchia di San Giovanni Evangelista di Riparbella organizzano una cena raccolta fondi domenica 31 marzo alle ore 20 presso l’Area delle Feste a Riparbella, gestita dalla Pro Loco locale. Sono chiaramente invitate a partecipare tutte le persone che ritengono doveroso contribuire ad una iniziativa a valenza internazionale, dati i nomi che sono previsti in cartellone: Michel Chossudovsky, Alex Zanotelli, Gino Strada, Franco Cardini, Giulietto Chiesa, Manlio Dinucci ed altri che interverranno nella giornata di domenica a Firenze dalle ore 10 alle ore 18. Una bella opportunità per fare un bilancio di 70 anni dalla nascita della NATO che anziché portare pace, siamo ormai certi che sia stato un trampolino di lancio per guerre passate, presenti e purtroppo, noi crediamo, future.



Segreteria Tavolo per la Pace della val di Cecina
Comune di Castagneto Carducci (LI)
Via della Repubblica 15/B
Tel 0565 778276 - Fax 0565 763845 - cell. 3332526023


giovedì 14 marzo 2019

Firenze: la rete tra attivisti e giornalisti avanza e fa proposte


Firenze: la rete tra attivisti e giornalisti avanza e fa proposte


Prosegue il percorso di Giornalisti indipendenti ed attivisti. L’incontro del 10 Marzo a Firenze era una delle tappe tra le principali città italiane, che confluiranno infine in un evento nazionale sabato 6 e domenica 7 aprile 2019 al Monastero del Bene Comune di Sezano (Verona), in cui si tireranno le somme del percorso fatto, si organizzeranno gruppi di lavoro e si lanceranno i passi successivi, una rete a cui aderisce il Tavolo per la Pace della Val di Cecina.
L’incontro toscano si è tenuto, come avevamo preannunciato con questo articolo sul nostro blog, Domenica al Circolo ARCI di Via delle Porte Nuove a Firenze. E’ il terzo incontro promosso da Pressenza “Giornalisti indipendenti e attivisti: l’urgenza di fare rete”.
Una rappresentanza valida di attivisti e giornalisti venuti da vari punti della Toscana ha prima interscambiato e commentato e poi si è riunita in gruppi di lavoro che hanno affrontato i conflitti e cominciato a proporre soluzioni, nell’ottica di costruzione di questa rete ed anche dell’incontro nazionale che si svolgerà il 6 e 7 aprile al Monastero del Bene Comune, a Sezano (Verona).
Sul piano dell’analisi è emersa la grande crisi del sistema mediatico in generale e la necessità di ripensare il giornalismo e i giornalisti in termini nuovi; la difficoltà degli attivisti a comunicare con i media di qualunque tipo (anche con quelli cosiddetti “alternativi”) e a riconoscere nel giornalista non un antagonista ma un alleato; l’impoverimento e l’appiattimento dell’informazione trasformata in propaganda o condizionata da poteri forti; la necessità di strumenti adeguati e condivisi, di dare attributi “intangibili” a questa rete come la reciprocità, la circolarità, l’intelligenza collettiva, superando individualismi e personalismi; l’importanza di sviluppare canali informativi multimediali, che usano intelligentemente i social networks.
Sul piano pratico sono emerse alcune proposte concrete da condividere  e approfondire con tutti i membri della rete: la possibilità di una pubblicazione (mensile gratuito?) che arrivi nei luoghi pubblici di tutta Italia veicolando un’informazione “popolare”, non banalizzata, documentata; la creazione di un database ragionato condiviso dove accedere a informazioni non facilmente disponibili; creazione di pacchetti RSS informativi tematici sia per giornalisti che per i lettori; incentivi per giovani produttori di informazione “in pillole” ma non banalizzata (video di 30 secondi, per es.).



mercoledì 13 marzo 2019

Sale alle stelle il prezzo della protezione USA


Sale alle stelle il prezzo della «protezione» Usa
di Manlio Dinucci
Gli Stati Uniti non intendono più considerare gli alleati alla stregua di protettorati e chiedono loro di pagare il costo della protezione. Se rifiuteranno, gli USA si ritireranno.
È quanto ha annunciato al Pentagono il presidente Trump il 17 gennaio e che è stato presentato alla NATO a febbraio, ma reso pubblico soltanto questa settimana. Una decisione che riguarda tutti gli alleati, dalla Germania al Giappone. Il problema è che Washington chiede agli alleati di allinearsi alle proprie posizioni… come facevano da protettorati.
A pretendere il pizzo in cambio di «protezione» non è solo la mafia. «I paesi ricchi che stiamo proteggendo – ha avvertito minacciosamente Trump in un discorso al Pentagono – sono tutti avvisati: dovranno pagare la nostra protezione».
Il presidente Trump – rivela Bloomberg – sta per presentare il piano «Cost Plus 50» che stabilisce il seguente criterio: i paesi alleati che ospitano forze Usa sul proprio territorio ne dovranno coprire interamente il costo e pagare agli Usa un ulteriore 50% in cambio del «privilegio» di ospitarle ed essere così da loro «protetti».
Il piano prevede che i paesi ospitanti paghino anche gli stipendi dei militari Usa e i costi di gestione degli aerei e delle navi da guerra che gli Stati uniti tengono in questi paesi. L’Italia dovrebbe quindi pagare non solo gli stipendi di circa 12.000 militari Usa qui di stanza, ma anche i costi di gestione dei caccia F-16 e degli altri aerei schierati dagli Usa ad Aviano e Sigonella e i costi della Sesta Flotta basata a Gaeta. Secondo lo stesso criterio dovremmo pagare anche la gestione di Camp Darby, il più grande arsenale Usa fuori dalla madrepatria, e la manutenzione delle bombe nucleari Usa dislocate ad Aviano e Ghedi.
Non si sa quanto gli Stati uniti intendono chiedere all’Italia e agli altri paesi europei che ospitano loro forze militari, poiché non si sa neppure quanto questi paesi paghino attualmente. I dati sono coperti da segreto militare. Secondo uno studio della Rand Corporation, i paesi europei della Nato si addossano in media il 34% dei costi delle forze e basi Usa presenti sui loro territori.
Non si sa però quale sia l’importo annuo che essi pagano agli Usa: l’unica stima – 2,5 miliardi di dollari – risale a 17 anni fa. È dunque segreta anche la cifra pagata dall’Italia. Se ne conoscono solo alcune voci: ad esempio decine di milioni di euro per adeguare gli aeroporti di Aviano e Ghedi ai caccia statunitensi F-35 e alle nuove bombe nucleari B61-12 che gli Usa cominceranno a schierare in Italia nel 2020, e circa 100 milioni per lavori alla stazione aeronavale statunitense di Sigonella, a carico anche dell’Italia. A Sigonella viene finanziata esclusivamente dagli Usa solo la Nas I, l’area amministrativa e ricreativa, mentre la Nas II, quella dei reparti operativi e quindi la più costosa, è finanziata dalla Nato, ossia anche dall’Italia.
È comunque certo – prevede un ricercatore della Rand Corp. – che con il piano «Cost Plus 50» i costi per gli alleati «schizzeranno alle stelle». Si parla di un aumento del 600%. Essi si aggiungeranno alla spesa militare, che in Italia ammonta a circa 70 milioni di euro al giorno, destinati a salire a circa 100 secondo gli impegni assunti dai governi italiani in sede Nato. Si tratta di denaro pubblico, che esce dalle nostre tasche, sottratto a investimenti produttivi e spese sociali.
È possibile però che l’Italia possa pagare meno per le forze e basi Usa dislocate sul suo territorio. Il piano «Cost Plus 50» prevede infatti uno «sconto per buon comportamento» a favore degli «alleati che si allineano strettamente con gli Stati uniti, facendo ciò che essi chiedono».
È sicuro che l’Italia godrà di un forte sconto poiché, di governo in governo, si è sempre mantenuta nella scia degli Stati uniti. Ultimamente, inviando truppe e aerei da guerra nell’Est Europa con la motivazione di fronteggiare la «minaccia russa» e favorendo il piano statunitense di affossare il Trattato Inf per schierare in Europa, Italia compresa, postazioni di missili nucleari puntati sulla Russia. Essendo queste bersaglio di una possibile ritorsione, avremo bisogno come «protezione» di altre forze e basi Usa. Le dovremo pagare noi, ma sempre con lo sconto.




Venezuela, golpe dello Stato profondo


Venezuela, golpe dello Stato profondo

di Manlio Dinucci
Alla fine il presidente Trump si è allineato alle ambizioni dello Stato Profondo USA di distruzione del Bacino dei Caraibi. Trump ha supportato il vicepresidente Mike Pence e il senatore Marco Rubio nelle operazioni di destabilizzazione del Venezuela. Potrebbe sostenerli anche nel progetto a favore d’Israele e contro la Siria.
Il riconoscimento di Juan Gualdó come «legittimo presidente» del Venezuela è stato preparato in una cabina di regia sotterranea all’interno del Congresso e della Casa Bianca. Principale operatore è il senatore repubblicano della Florida Marco Rubio, «virtuale segretario di stato per l’America Latina, collegato al vicepresidente Mike Pence e al consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton.
L’annuncio del presidente Trump, che riconosce Juan Gualdó «legittimo presidente» del Venezuela è stato preparato in una cabina di regia sotterranea all’interno del Congresso e della Casa Bianca. La descrive dettagliatamente il New York Times.
Principale operatore è il senatore repubblicano della Florida Marco Rubio, «virtuale segretario di stato per l’America Latina, che guida e articola la strategia dell’Amministrazione nella regione», collegato al vicepresidente Mike Pence e al consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton. Il 22 gennaio, alla Casa Bianca, i tre hanno presentato il loro piano al presidente, che l’ha accettato. Subito dopo – riporta il New York Times – «Mr. Pence ha chiamato Mr. Gualdó e gli ha detto che gli Stati uniti lo avrebbero appoggiato se avesse reclamato la presidenza».
Il vicepresidente Pence ha poi diffuso in Venezuela un video messaggio in cui chiamava i dimostranti a «far sentire la vostra voce domani» e assicurava «a nome del presidente Trump e del popolo americano: «estamos con ustedes», siamo con voi finché non sarà restaurata la democrazia, definendo Maduro «un dittatore che mai ha ottenuto la presidenza in libere elezioni».
L’indomani Trump ha ufficialmente incoronato Guaidó «presidente del Venezuela», pur non avendo questi partecipato alle elezioni presidenziali del maggio 2018 le quali, boicottate dall’opposizione che sapeva di perderle, hanno decretato la vittoria di Maduro, con il monitoraggio di molti osservatori internazionali.
Tale retroscena rivela che le decisioni politiche vengono prese negli Usa anzitutto nello «Stato profondo», centro sotterraneo del potere reale detenuto dalle oligarchie economiche, finanziarie e militari. Sono queste che hanno deciso di sovvertire lo Stato venezuelano. Esso possiede, oltre a grandi riserve di preziosi minerali, le maggiori riserve petrolifere del mondo, stimate in oltre 300 miliardi di barili, sei volte superiori a quelle statunitensi.
Per sottrarsi alla stretta delle sanzioni, che impediscono al Venezuela perfino di incassare i dollari ricavati dalla vendita di petrolio agli Stati uniti, Caracas ha deciso di quotare il prezzo di vendita del petrolio non più in dollari Usa ma in yuan cinesi. Mossa che mette in pericolo lo strapotere dei petrodollari. Da qui la decisione delle oligarchie statunitensi di accelerare i tempi per sovvertire lo Stato venezuelano e impadronirsi della sua ricchezza petrolifera, necessaria immediatamente non quale fonte emergetica per gli Usa, ma quale strumento strategico di controllo del mercato energetico mondiale in funzione anti-Russia e anti-Cina.
A tal fine, attraverso sanzioni e sabotaggi, è stata aggravata in Venezuela la penuria di beni di prima necessità per alimentare il malcontento popolare.
È stata intensificata allo stesso tempo la penetrazione di «organizzazioni non-governative» Usa: ad esempio, la National Endowment for Democracy ha finanziato in un anno in Venezuela oltre 40 progetti sulla «difesa dei diritti umani e della democrazia», ciascuno con decine o centinaia di migliaia di dollari.
Poiché il governo continua ad avere l‘appoggio della maggioranza, è certamente in preparazione qualche grossa provocazione per scatenare all’interno la guerra civile e aprire la strada a un intervento dall’esterno. Complice l’Unione Europea che, dopo aver bloccato in Belgio fondi statali venezuelani per 1,2 miliardi di dollari, lancia a Caracas l’ultimatum (concordato col governo italiano) per nuove elezioni. Le andrebbe a monitorare Federica Mogherini, la stessa che l’anno scorso ha rifiutato l’invito di Maduro di andare a monitorare le elezioni presidenziali.
Manlio Dinucci su "Il Manifesto"


PTV News Speciale - John Pilger: "La guerra in Venezuela è costruita su una bugia"
John Pilger passa in rassegna gli anni di Chavez in Venezuela, inclusi i suoi stessi viaggi assieme a Hugo Chavez e l'attuale campagna statunitense ed europea per rovesciare Nicolas Maduro tramite "un colpo di stato mediatico", per far riprecipitare l'America Latina ai tempi del diciannovesimo e ventesimo secolo.



sabato 9 marzo 2019

A Camp Darby le forze speciali italiane


L’arte della guerra
A Camp Darby le forze speciali italiane

La notizia non è ufficiale ma già se ne parla: da ottobre su Camp Darby sventolerà il tricolore. Gli Stati uniti stanno per chiudere il loro più grande arsenale nel mondo fuori dalla madrepatria, restituendo all’Italia i circa 1000 ettari di territorio che occupano tra Pisa e Livorno? Niente affatto. Non stanno chiudendo, ma ristrutturando la base perché vi possano essere stoccate ancora più armi e per potenziare i collegamenti col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa.
Nella ristrutturazione restava inutilizzata una porzioncina dell’area ricreativa: 34 ettari, poco più del 3% dell’intera area. È questa che lo US Army Europe ha deciso di restituire all’Italia, più precisamente al Ministero italiano della Difesa, per farne il miglior uso possibile.
È stato così stipulato un accordo che prevede il trasferimento in quest’area del Comando delle forze speciali dell’esercito italiano (Comfose) attualmente ospitato nella caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento paracadutismo.
Sono le forze sempre più impiegate nelle operazioni coperte: si infiltrano nottetempo in territorio straniero, individuano gli obiettivi da colpire, li eliminano con un‘azione fulminea paracadutandosi dagli aerei o calandosi dagli elicotteri, quindi si ritirano senza lasciare traccia salvo i morti e le distruzioni.
L’Italia, che le aveva usate soprattutto in Afghanistan, ha fatto un decisivo passo avanti nel loro potenziamento quando, nel 2014, è divenuto operativo il Comfose che riunisce sotto comando unificato quattro reggimenti: il 9° Reggimento d’assalto Col Moschin e il 185° Reggimento acquisizione obiettivi Folgore, il 28° Reggimento comunicazioni Pavia e il 4° Reggimento alpini paracadutisti Rangers.
Nella cerimonia inaugurale nel 2014 fu annunciato che il Comfose avrebbe mantenuto un «collegamento costante con lo U.S. Army Special Operation Command», il più importante comando statunitense per le operazioni speciali formato da circa 30 mila specialisti impiegati soprattutto in Medio Oriente.
A Camp Darby – ha specificato l’anno scorso il colonnello Erik Berdy, comandante dello US Army Italy – già si svolgono addestramenti congiunti di militari statunitensi e italiani.
Il trasferimento del Comfose in un’area di Camp Darby, formalmente appartenente all’Italia, permetterà di integrare a tutti gli effetti le forze speciali italiane con quelle statunitensi, impiegandole in operazioni coperte sotto comando Usa. Il tutto sotto la cappa del segreto militare.
Non può non venire a mente, a questo punto, la storia delle operazioni segrete di Camp Darby: dalle inchieste dei giudici Casson e Mastelloni è emerso che Camp Darby ha svolto sin dagli anni Sessanta la funzione di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro del piano segreto Gladio.
Le basi Usa/Nato – scriveva Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione – hanno fornito gli esplosivi per le stragi, da Piazza Fontana a Capaci e Via d’Amelio. In queste basi «si riunivano terroristi neri, ufficiali della Nato, mafiosi, uomini politici italiani e massoni, alla vigilia di attentati».
Nessuno però, né in parlamento né negli enti locali, si preoccupa delle implicazioni del trasferimento delle forze speciali italiane di fatto all’interno di Camp Darby sotto comando Usa. I comuni di Pisa e Livorno, passati rispettivamente dal Pd alla Lega e al M5S, hanno continuato a promuovere, con la Regione Toscana, «l’integrazione tra la base militare Usa di Camp Darby e la comunità circostante».
Pochi giorni fa è stato deciso di integrare i siti Web delle amministrazioni locali con quelli di Camp Darby. La rete di Camp Darby si estende sempre più sul territorio.
(Manlio Dinucci su “Il manifesto”, 5 marzo 2019)



sabato 2 marzo 2019

Convegno internazionale 70° della NATO

INVITO AL CONVEGNO INTERNAZIONALE PER IL 70° DELLA NATO
Consapevoli della crescente pericolosità della situazione mondiale, della drammaticità dei conflitti in atto, della accelerazione della crisi, riteniamo che sia necessario far comprendere all'opinione pubblica e ai parlamenti il rischio esistente di una grande guerra.
Essa non sarebbe in alcun modo simile alle guerre mondiali che l'hanno preceduta e, con l’uso delle armi nucleari e altre armi di distruzione di massa, metterebbe a repentaglio l’esistenza stessa dell’Umanità e del Pianeta Terra, la Casa Comune in cui viviamo.
Il pericolo non è mai stato così grande e così vicino. Non si può rischiare, bisogna moltiplicare gli sforzi per uscire dal sistema di guerra.
Discutiamone al
Convegno internazionale
I 70 ANNI DELLA NATO: QUALE BILANCIO STORICO?
USCIRE DAL SISTEMA DI GUERRA, ORA.
Firenze, Domenica 7 Aprile 2019
CINEMA TEATRO ODEON
Piazza Strozzi
ORE 10:15 – 18:00

Tra i relatori:
Michel Chossudovsky, direttore del Centre for Research on Globalization (Global Research, Canada).
Gino Strada, fondatore di Emergency.
Alex Zanotelli, missionario comboniano.
Franco Cardini, storico.
Generale Fabio Mini.
Tommaso Di Francesco, condirettore de il manifesto.
Giulietto Chiesa, direttore di Pandora TV.
Manlio Dinucci, giornalista.


PROIEZIONE DI DOCUMENTAZIONI VIDEO
E VIDEOMESSAGGI






PROGRAMMA:
VIDEO:
-         I 70 anni di «pace» assicurati dalla Nato


RELAZIONI INTRODUTTIVE:
  - L’Europa nella strategia Usa/Nato 1949 / 2019
  - Verso uno scenario di Terza guerra mondiale


TAVOLE ROTONDE:
  - Jugoslavia: 20 anni fa la guerra fondante della nuova Nato
  - I due fronti della Nato ad Est e a Sud
  - L’Europa in prima linea nel confronto nucleare
  - Cultura di pace o cultura di guerra?


MICROFONO APERTO AL PUBBLICO PER LE CONCLUSIONI

Promotori:
ASSOCIAZIONE PER UN MONDO SENZA GUERRE
Comitato No Guerra No Nato / Global Research

in collaborazione con
Pax Christi Italia, Commissione Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani, Rivista/Sito Marx21, Sezione Italiana della WILPF (Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà), Tavolo per la Pace della Val di Cecina e altre associazioni la cui adesione è in corso.
PER PARTECIPARE AL CONVEGNO (AD INGRESSO LIBERO)
OCCORRE PRENOTARSI COMUNICANDO VIA EMAIL O TELEFONO
IL PROPRIO NOME E LUOGO DI RESIDENZA A:
Giuseppe Padovano
Coordinatore Nazionale CNGNN
Cell. 393 998 34624

VIDEO: invito di Alex Zanotelli al Convegno internzazionale di Firenze
 

VIDEO: invito al convegno internazionale di Firenze del Prof. Franco Cardini, storico


VIDEO: invito al convegno internazionale di Firenze di Giulietto Chiesa