A cento anni dalla “inutile strage” basta armi
nucleari e spese militari: un’altra difesa è possibile
Il
4 novembre si celebra la fine di quella prima guerra mondiale che papa
Benedetto XV definì l'”inutile strage”, con il suo tragico lascito di 16
milioni di morti, dalla quale si dipaneranno i fascismi d’Europa e si porranno
le basi per l’immane tragedia della seconda guerra mondiale, con i campi di
sterminio e l’avvio – con Hiroshima e Nagasaki – dell’incubo nucleare.
Quella
guerra fu l’esito di una scellerata corsa agli armamenti: il popolo italiano
era contrario alla partecipazione del nostro Paese, ma i massicci finanziamenti delle aziende produttrici di armi
alla stampa italiana, affinché spingesse l’opinione pubblica verso
l’interventismo, ed alle forze politiche interventiste, spinsero al colpo di
mano del governo che impose l’ingresso italiano nella sciagurata impresa
bellica. Iniziava allora la commistione di interessi del “complesso
militare-industriale”, quel sistema che ancora oggi è capace di mobilitare le
risorse economiche in una rinnovata corsa agli armamentti, e di orientare gli
strumenti di “informazione” e governi verso questo o qull’intervento militare,
spacciato – senza vergogna – per “missione di pace”.
Questa strategia della violenza – fondata su precisi interessi
bellici – che ha attraversato il ‘900 scavalcandolo come un’onda anomala per
giungere fino a noi, spargendo guerre e terrorismi ovunque sul pianeta, in una
sorta di “terza guerra mondiale diffusa” ha fallito. E’ realistico prenderne atto
e abbandonare la via della guerra e della sua insostenibile preparazione e
avviare la via della pace con mezzi pacifici. E’ questa la via maestra che ci
indica anche la Costituzione italiana.
Un Paese che è ultimo in tutte le classifiche virtuose europee –
in quanto a spesa per l’istruzione, la cultura, il numero di laureati,
l’occupazione giovanile, la prevenzione sismica e idrogeologica e la
criminalità organizzata e via elencando – non può più permettersi di svettare
invece ai primi posti per la spesa pubblica militare, sperperando 23 miliardi
all’anno (63 milioni al giorno!) in armamenti. Risorse sottratte alla difesa
dalle minacce reali rendono tutti più insicuri.
Oggi un’altra difesa è possibile e necessaria, quella dei diritti
sociali dei cittadini e quella della pace, spostando risorse dalla difesa
militare alla difesa civile, non armata e nonviolenta.
Un Paese che ospita sul suo territorio decine di testate nucleari,
all’interno delle basi militari USA di Ghedi e di Aviano, e che acquista 90
cacciabombardieri F35 – all’inaudito costo di 14 miliardi di euro – progettati
per trasportare bombe atomiche, non può non ratificare il Trattato ONU per la
messa al bando delle armi nucleari. Dentro allo scandalo della nuova corsa agli
armamenti, gli ammodernamenti degli arsenali nucleari puntati contro le teste
di tutti sono il vertice della follia.
Oggi, che anche il premio Nobel 2017 è stato dato alla Campagna
internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, è necessario chiedere
al nostro governo “Italia ripensaci”: sottoscrivi il trattato per l’abolizione
delle armi nucleari !
[azionenonviolenta.it]
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