2016 - Anno 70 della Repubblica - La tortura non è
reato: una vergogna !
“La nostra vita comincia
a finire quando restiamo silenziosi sulle cose che contano”, diceva Martin
Luther King parlando dell’indifferenza, il male del nostro tempo.
Un silenzio vergognoso
lungo almeno 28 anni ci avvolge, se ci riferiamo alla “Convenzione contro la
tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 1984, ratificata dal nostro Paese
con Legge dello Stato nel 1988 (Legge n.489), ma nonostante l'impegno formale a
perseguire penalmente gli atti di tortura delineati all'art.1 della
Convenzione, nel codice penale italiano, ad oggi, del reato di tortura non
cè n’è nemmeno l’ombra!
In tutti questi anni
l'assenza di un reato specifico ha fatto sì che fattispecie qualificabili e qualificate
come tortura fossero sanzionate con pene lievi e non applicabili per
intervenuta prescrizione, circostanza che ha finito per nuocere anche alla
stessa credibilità delle Istituzioni e dell'operato delle forze di polizia.
In questi 28 anni il silenzio
è stato squarciato talvolta da fatti tristemente noti, occasioni nelle quali
uomini e donne sono stati privati dei diritti sanciti dalla nostra
Costituzione, avendo subìto violenze, percosse, umiliazioni, in una parola
torture, singolarmente: Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Riccardo
Magherini, Giuseppe Uva o in forma collettiva…. e qui il pensiero non può
non andare alla tragedia vergognosa che accompagnò il G8 di Genova nel 2001: i
fatti avvenuti alla scuola Diaz e l’inferno di Bolzaneto, in cui dopo la
violenza furono costruite ad arte anche delle false prove.
Un silenzio squarciato
recentemente anche dalla vicenda personale di una ragazza tedesca che nel 2001
aveva 22 anni, che alla scuola Diaz c’era: un mese fa (ben 15 anni dopo!), la
giudice del Tribunale civile di Genova Paola Luisa Bozzo Costa, ha
riconosciuto che Tanja (questo il suo nome) subì “condotte di vera e propria
tortura e ci fu la volontà di cagionare dolore, nell’abusare delle posizioni di
potere e autorità….”, per questo ha condannato lo Stato a pagarle 175
mila euro per danni fisici e morali subìti: è il risarcimento più alto mai
concesso in Italia da un Tribunale in sede Civile !
Il racconto di un suo
legale riportato dalla stampa, è a dir poco agghiacciante: “Tanja è stata
tenuta per ore e ore in piedi con le braccia e le gambe allargate, pochissimo
cibo e acqua, obbligata a ascoltare urla di altre persone… picchiate. La paura
di essere violentata, quando è stata trasferita, isolata in una piccola cella…
e poi le hanno impedito di comunicare con i suoi famigliari, con un legale…”
Quella di Ottobre 2016 è
sicuramente una sentenza importante: per la prima volta un tribunale italiano
ha qualificato la violenza subìta da un cittadino come “tortura”; il
problema è che a definirla è solo un tribunale civile poiché come già detto, nel
nostro ordinamento non esiste questa fattispecie di reato: in virtù di ciò,
per la vicenda di Tanja i responsabili delle violenze non sono stati condannati
penalmente e per i cosiddetti “reati minori” (pene fino a 3 anni) come minacce,
lesioni, percosse ecc… a distanza di 15 anni è scattata la prescrizione…
Ecco perché una legge
specifica che introduca formalmente il “reato proprio” di tortura, sarebbe
fondamentale in un paese civile e democratico, dove i diritti fondamentali dei
cittadini sono sanciti dalla Costituzione Repubblicana! In mancanza al
cittadino italiano che subisce tortura oggi, non resta che rivolgersi alla
Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, perché “i politici han ben altro a
cui pensare”, come cantava Guccini negli anni 70, quando non c’era verso di
avere una Legge sull’aborto….
Ma perché in Italia non
abbiamo ancora una Legge sulla tortura?
Qualcosa è stato fatto, nel
marzo 2014 il Senato ha approvato un testo di legge che prevede il reato di
tortura; l’attuale Presidente del Consiglio ad aprile di un anno fa, proprio a
Genova promise pubblicamente una Legge sulla tortura.... ma, ad oggi ancora
nulla, le ultime notizie del ddl risalgono al 19 luglio di quest’anno: seguendo
il suo iter, dopo il passaggio in Senato era stato approvato alla Camera
nell’aprile del 2015, il Governo come detto, si era impegnato a farlo approvare
in via definitiva dai senatori prima della pausa estiva di quest’anno, ma non
trovando un accordo che garantisse voti a sufficienza per renderlo legge, si è
deciso di sospendere tutto: dopo le richieste di Forza Italia, Lega Nord,
Conservatori e Riformisti, la riunione dei capigruppo del Senato ha deciso per
la pausa, senza indicare una nuova data per la discussione.
Viene da chiedersi, come
mai tanta inerzia? Non sarà dovuta alla caotica situazione politica in cui
ci troviamo, con alleanze nelle aule parlamentari e nella compagine governativa
con forze non proprio favorevoli-disponibili nel trattare di certi argomenti ?
Il senatore Pd Luigi
Manconi, firmatario della proposta di legge oggi arenata, in un’intervista
pubblicata dal quotidiano la
Repubblica, in proposito parla di “sudditanza psicologica
nei confronti delle forze di polizia….” ed aggiunge: “... è come se gran
parte della società e della classe politica temesse di sottoporre le polizie a
quel processo di riforma e di autoriforma a cui sono chiamate tutte le
istituzioni. Sembrano tenere più alla stabilità e alla impermeabilità di
Polizia e Carabinieri, che alla loro democratizzazione…”.
Eppure una sentenza
nell’aprile del 2015 (14 anni dopo !), della Corte Europea dei Diritti Umani di
Strasburgo ha condannato l’Italia per la condotta tenuta dalle forze
dell’ordine durante l’irruzione alla scuola Diaz al G8 di Genova del 2001, dove
secondo i giudici “le azioni della polizia ebbero finalità punitive con una
vera e propria rappresaglia, per provare l’umiliazione e la sofferenza fisica e
morale delle vittime”.
Parole che pesano come
macigni: l’organo giurisdizionale internazionale aveva cioè
parlato di “tortura” e aveva invitato l’Italia a “dotarsi
di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti
di tortura o altri maltrattamenti impedendo loro di beneficiare di misure in
contraddizione con la giurisprudenza della Corte”.
La sentenza aveva avuto il
merito di riaprire il dibattito sul reato di tortura e aveva portato a
un’accelerazione, seppure temporanea, della discussione del disegno di legge in
Parlamento, ed ora?
Calerà nuovamente un’impenetrabile
cortina di silenzio prima di poterne riparlare, magari di nuovo in occasione
del prossimo caso eclatante in cui cittadini avranno subìto ancora violenze,
percosse, umiliazioni, in una parola torture?
Segreteria
Tavolo per la Pace
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