giovedì 1 dicembre 2016

Reato di tortura


2016 - Anno 70 della Repubblica - La tortura non è reato: una vergogna !

“La nostra vita comincia a finire quando restiamo silenziosi sulle cose che contano”, diceva Martin Luther King parlando dell’indifferenza, il male del nostro tempo.
Un silenzio vergognoso lungo almeno 28 anni ci avvolge, se ci riferiamo alla “Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 1984, ratificata dal nostro Paese con Legge dello Stato nel 1988 (Legge n.489), ma nonostante l'impegno formale a perseguire penalmente gli atti di tortura delineati all'art.1 della Convenzione, nel codice penale italiano, ad oggi, del reato di tortura non cè n’è nemmeno l’ombra!
In tutti questi anni l'assenza di un reato specifico ha fatto sì che fattispecie qualificabili e qualificate come tortura fossero sanzionate con pene lievi e non applicabili per intervenuta prescrizione, circostanza che ha finito per nuocere anche alla stessa credibilità delle Istituzioni e dell'operato delle forze di polizia.
In questi 28 anni il silenzio è stato squarciato talvolta da fatti tristemente noti, occasioni nelle quali uomini e donne sono stati privati dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione, avendo subìto violenze, percosse, umiliazioni, in una parola torture, singolarmente: Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi,  Riccardo Magherini, Giuseppe Uva o in forma collettiva…. e qui il pensiero non può non andare alla tragedia vergognosa che accompagnò il G8 di Genova nel 2001: i fatti avvenuti alla scuola Diaz e l’inferno di Bolzaneto, in cui dopo la violenza furono costruite ad arte anche delle false prove.
Un silenzio squarciato recentemente anche dalla vicenda personale di una ragazza tedesca che nel 2001 aveva 22 anni, che alla scuola Diaz c’era: un mese fa (ben 15 anni dopo!), la giudice del Tribunale civile di Genova Paola Luisa Bozzo Costa, ha riconosciuto che Tanja (questo il suo nome) subì “condotte di vera e propria tortura e ci fu la volontà di cagionare dolore, nell’abusare delle posizioni di potere e autorità….”, per questo ha condannato lo Stato a pagarle 175 mila euro per danni fisici e morali subìti: è il risarcimento più alto mai concesso in Italia da un Tribunale in sede Civile !
Il racconto di un suo legale riportato dalla stampa, è a dir poco agghiacciante: “Tanja è stata tenuta per ore e ore in piedi con le braccia e le gambe allargate, pochissimo cibo e acqua, obbligata a ascoltare urla di altre persone… picchiate. La paura di essere violentata, quando è stata trasferita, isolata in una piccola cella… e poi le hanno impedito di comunicare con i suoi famigliari, con un legale…
Quella di Ottobre 2016 è sicuramente una sentenza importante: per la prima volta un tribunale italiano ha qualificato la violenza subìta da un cittadino come “tortura”; il problema è che a definirla è solo un tribunale civile poiché come già detto, nel nostro ordinamento non esiste questa fattispecie di reato: in virtù di ciò, per la vicenda di Tanja i responsabili delle violenze non sono stati condannati penalmente e per i cosiddetti “reati minori” (pene fino a 3 anni) come minacce, lesioni, percosse ecc… a distanza di 15 anni è scattata la prescrizione…
Ecco perché una legge specifica che introduca formalmente il “reato proprio” di tortura, sarebbe fondamentale in un paese civile e democratico, dove i diritti fondamentali dei cittadini sono sanciti dalla Costituzione Repubblicana! In mancanza al cittadino italiano che subisce tortura oggi, non resta che rivolgersi alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, perché “i politici han ben altro a cui pensare”, come cantava Guccini negli anni 70, quando non c’era verso di avere una Legge sull’aborto….
Ma perché in Italia non abbiamo ancora una Legge sulla tortura?
Qualcosa è stato fatto, nel marzo 2014 il Senato ha approvato un testo di legge che prevede il reato di tortura; l’attuale Presidente del Consiglio ad aprile di un anno fa, proprio a Genova promise pubblicamente una Legge sulla tortura.... ma, ad oggi ancora nulla, le ultime notizie del ddl risalgono al 19 luglio di quest’anno: seguendo il suo iter, dopo il passaggio in Senato era stato approvato alla Camera nell’aprile del 2015, il Governo come detto, si era impegnato a farlo approvare in via definitiva dai senatori prima della pausa estiva di quest’anno, ma non trovando un accordo che garantisse voti a sufficienza per renderlo legge, si è deciso di sospendere tutto: dopo le richieste di Forza Italia, Lega Nord, Conservatori e Riformisti, la riunione dei capigruppo del Senato ha deciso per la pausa, senza indicare una nuova data per la discussione.
Viene da chiedersi, come mai tanta inerzia? Non sarà dovuta alla caotica situazione politica in cui ci troviamo, con alleanze nelle aule parlamentari e nella compagine governativa con forze non proprio favorevoli-disponibili nel trattare di certi argomenti ?
Il senatore Pd Luigi Manconi, firmatario della proposta di legge oggi arenata, in un’intervista pubblicata dal quotidiano la Repubblica, in proposito parla di “sudditanza psicologica nei confronti delle forze di polizia….” ed aggiunge: “... è come se gran parte della società e della classe politica temesse di sottoporre le polizie a quel processo di riforma e di autoriforma a cui sono chiamate tutte le istituzioni. Sembrano tenere più alla stabilità e alla impermeabilità di Polizia e Carabinieri, che alla loro democratizzazione…”.
Eppure una sentenza nell’aprile del 2015 (14 anni dopo !), della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per la condotta tenuta dalle forze dell’ordine durante l’irruzione alla scuola Diaz al G8 di Genova del 2001, dove secondo i giudici “le azioni della polizia ebbero finalità punitive con una vera e propria rappresaglia, per provare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime”.
Parole che pesano come macigni: l’organo giurisdizionale internazionale aveva cioè parlato di “tortura” e aveva invitato l’Italia a “dotarsi di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o altri maltrattamenti impedendo loro di beneficiare di misure in contraddizione con la giurisprudenza della Corte”.
La sentenza aveva avuto il merito di riaprire il dibattito sul reato di tortura e aveva portato a un’accelerazione, seppure temporanea, della discussione del disegno di legge in Parlamento, ed ora?
Calerà nuovamente un’impenetrabile cortina di silenzio prima di poterne riparlare, magari di nuovo in occasione del prossimo caso eclatante in cui cittadini avranno subìto ancora violenze, percosse, umiliazioni, in una parola torture?

Segreteria Tavolo per la Pace della val di Cecina
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