10 Dicembre –
Giornata mondiale dei diritti umani: solo una celebrazione ?
E’ la data scelta per ricordare la proclamazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel 1948.
Il documento di 30 articoli
sancisce i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali
di ogni persona: il diritto alla vita, alla libertà e sicurezza individuali ad
un trattamento di uguaglianza dinanzi alla legge, senza discriminazioni di
sorta, ad un processo imparziale e pubblico, ad essere ritenuti innocenti fino
a prova contraria, alla libertà di movimento, pensiero, coscienza e fede, alla
libertà di opinione, di espressione e di associazione.
Vi si proclama inoltre che
nessuno può essere fatto schiavo o sottoposto a torture o a trattamento o
punizioni crudeli, disumani o degradanti e che nessuno dovrà essere
arbitrariamente arrestato, incarcerato o esiliato, il diritto a richiedere
asilo in caso di persecuzione….
Tutti principi preesistenti ed abbracciati
dalle Costituzioni nate dopo il 2° dopoguerra, non vincolanti per i Paesi
aderenti all’ONU, sebbene l’appartenenza ne costituisce una tacita
accettazione.
Si potrebbe quasi pensare che sia
un esercizio inutile oggi leggere quel documento così vecchio: che bisogno
abbiamo, di ricordarci di quella Dichiarazione? E’ un documento che parla di
normali diritti che ci è sempre stato insegnato e proposto come “normalità”….
Salvo accorgerci a quasi 70 anni dalla sua adozione, che questi principi non
sono così scontati altrove.
Il bilancio che si può tracciare
è sotto gli occhi di tutti: se ancora oggi assistiamo a catastrofi umanitarie,
significa che il cammino da fare è ancora lungo.
Per l’ONU “Il 2016 è stato un anno disastroso per i diritti umani nel mondo”;
il perché è evidente: in ogni Continente si continua a combattere e morire. Ce
ne possiamo rendere conto anche senza distogliere lo sguardo dal nostro
Mediterraneo, culla delle Civiltà più antiche: In Siria non si intravede da
anni una soluzione ad un conflitto che sembra senza fine, in Turchia i diritti
sanciti dall’organismo internazionale in cui siede vengono sistematicamente
calpestati, il Marocco impunemente ha condannato il popolo Saharawi a morire di
fame e stenti nel deserto, l’omosessualità viene ancora considerata un crimine
in almeno 3 Continenti; il diritto alla vita, l’accesso al cibo, ai farmaci,
all’istruzione in molte, troppe parti del mondo, sembra ancora qualcosa di irraggiungibile.
Nel 2016 che valore dare allora a
questo 10 Dicembre, quello di un inutile “mero
esercizio teorico” (di cui ha parlato in questi giorni il Presidente
Mattarella)?
Di una delle tante
giornate che ci inventiamo per pulirci la coscienza, convinti che parlare per
un giorno di fame nel mondo, diritti negati, bambini malnutriti o donne
maltrattate possa cambiare le cose, per poi tornare a fare le cose esattamente
come prima?
E’ drammatico il dossier
pubblicato dalla Caritas: "Divieto
di accesso. Flussi migratori e diritti negati", dove si spiega il
dramma di chi non ha né diritto di
migrare né diritto di restare nel proprio Paese.
Un cambio di rotta è necessario
per riconoscerci in un modo nuovo tutti cittadini dello stesso mondo. Senza “divieti di accesso" !
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