Mercoledi' 11 Settembre
Flavio Lotti, coordinatore Tavola Nazionale deella Pace
Martina Pignatti, presidente "Un Ponte per…"
- ore 17,30 Pomarance (PI) Spazio
Savioli
- ore 21,15 ‐ Rosignano Solvay (LI)
sala conferenze piazza del Mercato
A Rosignano Solvay sono invitati i
Comuni aderenti al Tavolo per la Pace della val di Cecina, le Province di Pisa,
Livorno e Grosseto e la Regione Toscana con i gonfaloni
Per informazioni: Segreteria Tavolo per la Pace della Val di
Cecina
Castagneto Carducci, via Marconi n. 4 Tel 0565 778261 ‐ Fax 0565
763845 cell. 333 2526023
pace@comune.castagneto‐carducci.li.it
Facebook/Tavolo per la Pace
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MEDITERRANEO IN FIAMME, SI MUOVE LA FLOTTA ITALIANA.... |
< fonte: www.siciliainformazioni.com >
L'Italia non partecipa alle operazioni di guerra, ma l'incrociatore
Andrea Doria e la nave Maestrale, i pezzi migliori della flotta navale, sono
salpati alla volta delle coste libanesi per proteggere il contingente Unifil
dislocato in Libano, che fa da "cuscinetto" fra israeliani ed hezbollah
libanesi.
Una decisione ineludibile perché ci
sono più di mille soldati italiani in Libano e l'attacco alla Siria
potrebbe provocare rappresaglia proprio sul contingente di interposizione Onu in
Libano. Capi hezbollah l'hanno detto nelle ultime ore in modo chiaro: se
verrà attaccata la Siria gli alleati degli Usa saranno nostri
nemici.
Dichiarazioni che, tuttavia, arrivano alla
vigilia dell'intervento americano per scoraggiare il sostegno di altri
Paesi.
Non c'è dubbio che Unifil potrebbe
essere coinvolta nel conflitto, specie se le perdite del regime saranno
pesanti e costringeranno gli iraniani e gli hezbollah filo-siriani ad allargare
il conflitto. Ove si verificasse questa malaugurata ipotesi, il governo
italiano sarebbe costretto a modificare le regole d'ingaggio, seppure entro
certi limiti.
Enrico Letta è tornato alla vigilia del G20
di San Pietroburgo, organizzato in casa di Putin, sulla posizione italiana: la
decisione deve essere assunta dall'Onu, i raid al gas nervino che hanno ucciso
400 bambini vanno puniti perché non si ripetano. La linea del ministro
degli esteri, Emma Bonino, subisce qualche ritocco, concedendo le buone ragioni
agli Usa.
Le buone intenzioni del governo italiano
incidono in misura assai contenuta sugli eventi, anzi non incidono per niente,
le basi americane in Sicilia sono operative ed il teatro di guerra nel
Mediterraneo mette i brividi.
Il numero dei profughi è destinato ad
aumentare, i campi di accoglienza in Libano ed in Turchia sono al collasso, e le
coste orientali della Sicilia sono l'approdo dei barconi stracolmi di
siriani.
La guerra sotto il balcone di casa. Non è
un brivido da augurare ad alcuno. Il Mediterraneo Orientale è affollato. Non
solo di barche malandate che portano siriani ed egiziani che scappano dal teatro
del conflitto, ma anche navi da guerra: la flotta della Marina
militare americana si rafforza con l’arrivo della portaerei
Nimitz, due sommergibili e una nave da sbarco, la S. Antonio.
Ci sono anche i russi con le loro navi-spia, come ai tempi della guerra fredda:
intercettano ogni informazione utile e, a quanto pare, informano, seppure con
cautela, la difesa siriana. Ci sono anche i francesi con due unità, una presenza
"dimostrativa" a quanto pare.
Barack Obama ha ottenuto il
benestare di autorevoli rappresentanti dell'opposizione Usa, a
cominciare dal suo ex sfidante, McCain. Il voto favorevole del Congresso appare
scontato.
La posizione politica degli
alleati, Gran Bretagna e Italia soprattutto, non sembra preoccupare più
di tanto il Pentagono. Le basi Usa sono numerose e dislocate in luoghi
strategici: Cipro, Turchia, Giordania. Non solo, le basi italiane sono
"utilizzabili" comunque, a prescindere dalla posizione del governo italiano, i
vincoli del trattato bilaterale Italia-Usa sono superabili. Basta che si
verifichino situazioni di rischio per la sicurezza Usa.
Impossibile che gli Usa rinuncino a
Sigonella. Ormai da anni la Marina militare USA costruisce la sua deterrenza
proprio in Sicilia impiegando notevoli risorse. Recentemente, tra l'altro, è
stato aumentato il contingente di marines ed è stata completata la flotta di
droni, i temibili Global Hawk.
Saranno i droni, dislocati in
Turchia ed in Sicilia, a fare la differenza secondo gli esperti, e ad
annunciare l'inizio della spedizione punitiva contro il regime di Bashar
Assad.
In concreto, dunque, l'uso delle
basi siciliane di Sigonella non dipende dalla risoluzione dell'Onu, né
da una decisione della Nato o del governo italiano, che può pertanto esprimere
legittimamente la sua posizione, ma niente di più.
L'Italia è ostaggio degli Usa per sua
scelta, non ha una pistola puntata alle sue spalle, ma ha stipulato accordi
giudicati vantaggiosi, a suo tempo, dai governanti del nostro Paese.
Il governo italiano parla
attraverso il presidente del Consiglio, Enrico letta e il ministro
degli Esteri, Emma Bonino. Letta cerca di svolgere un ruolo di mediazione fra
Usa e Russia ed ha lanciato un appello pubblico a Putin, perché consideri con
favore il rinvio americano all'attacco. L'obiettivo è, chiaramente, disinnescare
la miccia che potrebbe esplodere sul Mare Nostrum, la contrapposizione fra le
due potenze che hanno le loro flotte schierate nel Mediterraneo
orientale.
Accanto al "niet" di Emma, dunque,
c'è Enrico Letta più "democristiano" e lungimirante, consapevole dei
limiti di una posizione dura e pura dell'Italia. Quando Sigonella entrerà nella
fase operativa all'indomani del digiuno francescano di Emma Bonino, il premier
dovrà spiegare come possa accadere che a casa nostra siano gli altri a
comandare. La necessità di spiegare come stanno le cose c'è, ma non può avere
risposta netta ed inequivocabile in questa fase (provocherebbe reazioni
preventive). Perciò si opta per una presenza discreta nel teatro di "pace", che
si prepara all'ineluttabile....
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OBAMA, IL NOBEL PER LA PACE PER LA GUERRA A TUTTI I COSTI |
< fonte: www.tribunodelpopolo.it >
Il
Mediterraneo ormai è una polveriera e tutti trattengono il fiato in attesa di
sapere se il Congresso Usa il 9 settembre voterà “sì” alla guerra voluta da
Obama a tutti i costi. Ma gli Stati Uniti non sono mai stati così isolati.
Il G20 di San Pietroburgo si è concluso, ma gli Stati Uniti non possono sorridere. Obama e soci speravano forse di ottenere un largo consenso alla guerra ad Assad, responsabile dell’ormai fantomatico attacco chimico contro i suburbi di Damasco.
Niente,
Obama non ne vuole sapere, continua a ripetere che i responsabili dell’attacco
non possono che essere i lealisti di Assad, e semplicemente ignora o non
commenta i resoconti risalenti alla scorsa primavera che mostrano i ribelli
usarle quelle maledette arme chimiche.
Così come
Obama, lo riteniamo troppo intelligente per pensare che sia in buonafede,
continua a non dire assolutamente nulla del massacro di cristiani, civili, e di chiunque venga considerato “infedele” dalle
bande jihadiste fomentate ormai tre anni fa per distruggere lo Stato
siriano.
Di
fronte a uno scenario di questo tipo non sorprende che in molti abbiano voltato
le spalle alla follia bellicista americana, con solo Stati Uniti, Turchia,
Canada, Arabia Saudita e Francia che si sono schierate in prima fila per
l’intervento militare.
Al
contrario, Russia, Cina, India e Indonesia, Argentina, Brasile e Sudafrica si
sono schierate per un fermo “no” alla guerra. Ci sono poi i Paesi, come
l’Italia, che non interverranno senza un mandato Onu, e altri ancora, come la
Germania, che hanno voltato clamorosamente le spalle a Obama, lasciandolo solo
di fronte al mondo e al giudizio della storia.
In una dichiarazione diffusa al termine del vertice undici Paesi, Stati Uniti, Australia, Canada, Francia, Regno Unito, Italia, Giappone, Corea del Sud, Arabia Saudita, Turchia, più la Spagna invitato permanente al G20, hanno comunque condannato “l’attacco con armi chimiche avvenuto a Damasco il 21 agosto e di cui il regime di Assad viene ritenuto responsabile“.
Questo
dimostra le enormi pressioni operate dalla Casa Bianca, che evidentemente inizia
a intuire il rischio di un isolamento. Obama però si mostra tronfio e sempre più
convinto dell’attacco militare, e a nulla sembra farlo recedere la possibilità
di scatenare un vero e proprio conflitto globale.
A
nulla sono serviti anche gli appelli di pace del Papa e le parole del segretario
Onu Ban Ki-moon che ha avvertito che un’azione militare in Siria potrebbe
causare “serie e tragiche conseguenze” e
portare “a ulteriori violenze settarie“. Poi però è arrivata anche la frenata di
Hollande, che ha deciso di valutare in primis anche l’opzione Onu, aspettando il
rapporto degli ispettori. E se il Congresso dovesse dire “no” alla guerra, Obama
potrebbe anche fare da solo. Alla faccia del Nobel per la
pace…
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