giovedì 19 dicembre 2019

Gli occhi


Gli occhi…


di Martina Randazzo
Siamo trecento. E no, non c'è posto per tutti. Stiamo ammassati gli uni sugli altri, senza la possibilità di muoversi, di sgranchire le gambe, ormai da quattro giorni. Questa mattina ho assistito impotente alla quarta inesorabile alba e il sole è tornato a bruciarci la pelle, anche se sembra volere incendiare fino alle interiora. Non mi immaginavo che avrei dovuto sopportare di nuovo tutto questo quando ci siamo imbarcati a Zuara, in quella calda e angosciante notte di agosto, con ancora le immagini del centro di detenzione di Dhar-el-Jebel impresse nella mente e negli occhi.
Devono sembrare davvero stanchi i miei occhi adesso, a malapena riesco a tenerli aperti per il bruciore del sale sulle ciglia che ho ricevuto con le onde durante la notte.

Ne hanno viste tante, i miei occhi scuri come la pece.

Ripenso alla guerra in Eritrea, che sembrava non finire più, dopo anni e anni di paura costante giorno e notte di venire uccisi e perdere tutto quello che si ha. Vivevo con la mia famiglia e nessuno nel mio paese sapeva il motivo della guerra, o chi la stesse combattendo. Mi deportarono in Libia il giorno stesso in cui casa mia fu rasa al suolo e i miei cari uccisi perchè la linea di confine si era spostata, e non potevamo permetterci esitazioni nel lasciare tutto quello che avevamo con fatica costruito. Non potevamo permetterci esitazioni nel vedere la nostra casa distrutta per colpa di una stupida e inutile guerra. lo ero a prendere l'acqua alla fonte a due ore di cammino, con la mia sorellina minore, che non è arrivata viva al centro.

Di lei non ho neanche un ricordo materiale, una foto.

Dopo ore e ore di estenuante viaggio nel retro di un furgone, sono arrivata sola al centro di detenzione i Dhar-el-Jebel. Si, in un centro di detenzione, perchè io e altri compaesani a me sconosciuti siamo stati obbligati a convivere per cinque anni con criminali di tutti i tipi, come stupratori, violentatori e pedofili, solo per fare alcuni esempi, con l'unico crimine commesso di vivere in una zona di guerra. Con ancora le immagini di casa mia distrutta, dei volti dei miei cari tumefatti e gonfi per le botte inflitte senza pietà dai soldati per farli stare zitti e non creare problemi, con le immagini del mio paese distorte a causa delle lacrime che mi solcavano silenziosamente il viso e del corpo senza vita della mia sorellina minore gettato sgraziatamente in una fossa comune, ho vissuto per cinque anni con il terrore che accadesse di nuovo, di perdere ancora una volta tutto quello che avevo, quel poco che mi era rimasto: la mia brandina sgangherata, i miei "vicini di letto" con cui ogni tanto avevo il coraggio di azzardare due parole, il vestito di mia madre, unico ricordo materiale di casa, che indossavo al momento dell'arrivo, e l'unica cosa che mi dava la forza di andare avanti giorno dopo giorno, il mio fidanzato. E' morto durante il tragitto, stremato dalla fatica e dal caldo e dalla malattia che aveva contratto gli ultimi giorni prima della nostra fuga dal centro di detenzione, di cui nessuno sembrava essersi curato più di tanto. Una malattia letale e dolorosa: mi era stato detto che si era ammalato di ebola.
L'unica speranza che mi ha convinta a continuare il viaggio fino ad adesso senza di lui è suo figlio, che ancora porto in grembo, su questo barcone pieno di feci e carne umana malata, circondata da sofferenza e corpi tremanti e malnutriti, stremati almeno quanto il mio. Ho deciso di provare a dare a mio figlio il futuro che io non potrò avere a causa di quello che ho vissuto, dei fantasmi del mio passato, delle immagini che per sempre mi tormenteranno il sonno e mi freneranno dall'essere felice senza tutte le persone che ho perso e che ho amato con tutta me stessa, anche se il mio amore non ha potuto niente contro la crudeltà e la brutalità dell'uomo.

Su questo barcone non sono stata trattata meglio di altre donne, nonostante io debba sfamare due corpi, nonostante io debba rimanere in vita anche per un altro esserino che si sta formando dentro di me. Invece sono stata vittima dei peggiori maltrattamenti e non mangio ormai da due giorni, perchè i miei "compagni" di sventura pensano che sia uno spreco darmi del cibo, in quanto sono certi che morirò prima degli altri. Sono veramente sola, su questa barca circondata da mare a perdita d'occhio, senza nessuno a cui affidarmi, senza braccia tra le quali ripararmi o alle quali chiedere affetto.

Si avverte adesso un rumore di ingranaggi, violento e forte, sotto di noi. Nessuno capisce, i bambini, quelli che ancora sono rimasti in vita, urlano, si divincolano, strillano fino a perdere il fiato, come se sapessero cosa ci aspetta. Gli scafisti ci urlano contro che siamo troppi, che non sopravviveranno a causa nostra. Ho veramente paura. Gridano l'uno all'altro tra di loro che devono alleggerire il barcone o nessuno sopravviverà. Uno di loro prende la decisione che questo lato è il più affollato, e che bisogna alleggerire la barca. Bisogna alleggerire la barca.
Senza neanche rendermene conto mi ritrovo presa per gli arti e tirata su, di peso, delle mani forti mi stringono e mi fanno male, fino quasi a togliermi il sangue dalle vene o rompermi i tendini. Il cuore sembra esplodere di battiti dentro il mio esile petto. Sento il vuoto sotto di me: sto precipitando in mare. E' fredda l'acqua, gelida sulla mia pelle bruciata dal sole: adesso mi entra nei polmoni e non riesco a respirare, non riesco a tornare sul barcone, nessuno mi aveva insegnato a nuotare, non sarebbe mai servito in Eritrea. Senza forze, abbandonata da tutti e poco cosciente, vedo, contro la luce del sole, il barcone che sembra piovere corpi inermi come il mio: nessuno sa nuotare, non sarebbe servito saperlo al nostro paese natale, a cui ci hanno brutalmente strappato.
Contro la luce del sole vedo poi il barcone stesso rivoltarsi e tutti, tutti, tutti cadere in mare. Le sottospecie di esseri umani, ormai privati della loro umanità, che mi hanno provocato i lividi che ho sul corpo, che mi hanno sacrificata senza pietà per la loro sola sopravvivenza, adesso sono nella mia stessa condizione, sono sommersi da litri e litri di acqua salata che brucia gli occhi, le ferite e i polmoni. Moriranno tutti, nelle acque del Mediterraneo, come moriremo io e mio figlio, annegati per un fato avverso non voluto da noi ma dagli scafisti, inumane bestie che hanno voluto mettere a rischio anche la loro stessa vita per il piacere del lucro. Nella mia mentalità di ragazza, di donna, di quasi mamma, nei miei occhi stanchi per tutto quello che hanno visto e subìto, tutto questo è insensato e scellerato; vedere i miei esecutori e compagni di viaggio trascinati giù dal barcone che precipita negli abissi è ancora più crudele, perchè non riesco ad odiarli per aver deciso consciamente di togliermi la vita.

Penso questo, mentre l'acqua mi riempie i polmoni fino a farli scoppiare e vengo trascinata nel buio anche io, mentre le mie lacrime amare non solcano più il mio viso e si confondono con il sale. Chissà chi ha veramente deciso per me e per mio figlio questo destino, senza darci la possibilità di vedere la bellezza della vita, di vivere con occhi diversi, con occhi nuovi, questa sofferenza del vivere che non sembra la peggiore se vista da chi se ne sta andando ed è stato privato di averla.
Avrei solo voluto concederti di conoscere quanto è bello vivere, svegliarsi ogni mattina senza il terrore di morire, figlio mio.
Avrei voluto concederti un futuro, una vita diversa dalla mia, invece stai morendo come tua madre.
Mi dispiace.
                                                                                                Martina Randazzo




martedì 17 dicembre 2019

Teatro di nascosto

Teatro di Nascosto, un incontro di popoli


 "Per il Festival 2019 ospiti dal Kurdistan, Iraq, Palestina, Siria e Yemen, così come da Inghilterra, Olanda, Belgio, Germania e altri paesi europei.
Per l'ultima edizione del Festival Internazionale del Teatro di Nascosto sono arrivate 23 persone dal Kurdistan, Iraq, Palestina, Siria, Yemen e altri ancora da Inghilterra, Olanda, Belgio, Germania "Un’ondata di vita, racconti, incontri, spettacolo, film e musica...
- raccontano con soddisfazione Annet Henneman e Eunice Buresta. I primi due giorni dedicati alle scuole superiori di Volterra e Pomarance, e poi via con un programma fitto, la mattina con film e conferenze nel Cinema Centrale e il pomeriggio nella bellissima Sala del Consiglio del Comune di Volterra". 
"Per alcuni Palestinesi è stata la prima volta che sono riusciti a venire in Europa - proseguono -, o la prima volta che vedevano il mare, per loro proibito dallo Stato israeliano; per gli Iracheni è stato un momento di pace, lontani dalla loro situazione di rivoluzione, dove da mesi sono in corso dimostrazioni continue di massa con dimostranti senza armi che vengono attaccati, sparati, e fino ad ora una grande quantità di morti: in due mesi 500 e migliaia di feriti...
E poi tutti qui a Volterra, ognuno con la sua storia, di un paese in conflitto, occupato... Momenti di festa, di dolore, condivisione, prima tra di noi e poi con il pubblico... Ringraziamo tutti quelli che ci hanno dato una mano, ognuno a modo suo.
E' stata importante la collaborazione con Tra i Binari di San Miniato, Francesco Mugnari e Marina Capezzone in speciale".

mercoledì 20 novembre 2019

Assemblea generale

Assemblea Generale del Tavolo per la Pace. Ospite Giulietto Chiesa.


Sabato 23 novembre alle ore 15,30 a Riparbella, nella sala conferenze del complesso “La Pieve Vecchia” vicino alla Stazione, si terrà l’Assemblea Generale del Tavolo per la Pace della val di Cecina, con la partecipazione dei Comuni e dei loro gonfaloni e le associazioni, le scuole, le comunità religiose e i singoli cittadini, a cui stanno a cuore i temi della pace.
Continuiamo il nostro lavoro, iniziato quasi 20 anni fa, per diffondere cultura di pace e non violenza, integrazione, legalità e rispetto dei diritti umani, e che mai come ora è tanto necessaria, in un quadro mondiale in cui i conflitti non sono certo diminuiti.
Ci informerà di questo il nostro gradito ospite, il giornalista (ex RAI, ora ricercatore indipendente) Giulietto Chiesa, direttore di Pandora TV.
Avremo con noi anche Annet Henneman, attrice e regista del Teatro di Nascosto di Volterra che è la nostra “Ambasciatrice di Pace nel mondo”. Annet infatti, puntualmente, ci racconta dal vivo ciò che vedono i suoi occhi e sentono le sue orecchie nei teatri di guerra del Medio Oriente, dove spesso si reca, cercando, con il suo Teatro Reportage, di togliere un po’ di disperazione dai cuori di tanti giovani che la pace non hanno mai conosciuto.
Quella del Tavolo, è una esperienza di partecipazione, dichiara Jeff Hoffman, coordinatore uscente della Bassa val di Cecina che serve a stimolare e facilitare la collaborazione tra società civile e Istituzioni, attraverso un percorso di confronto e di dialogo sui temi della pace. Approveremo il nuovo documento programmatico, conclude Camilla Sguazzi, coordinatrice uscente dell’Alta val di Cecina, che ci servirà da punto di riferimento per il lavoro futuro: informazione alternativa, nuovo equilibrio mondiale, difesa e attuazione della Costituzione italiana, tematiche etico-ambientali, disarmo, conflitti e migrazioni, ponti non muri, difesa dei diritti umani e civili, riutilizzo a scopo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Su questi temi la priorità é il lavoro con le scuole, perché crediamo che i soggetti privilegiati per il loro ruolo permanente nella società, siano proprio i giovani e le scuole.  Le associazioni e i cittadini sono invitati a partecipale.

Il coordinatore della Bassa val di Cecina : Jeff Hoffman cell. 3288077994
La coordinatrice dell'Alta val di Cecina: Camilla Sguazzi cell. 3285438343


Per informazioni:

Segreteria Tavolo per la Pace della val di Cecina
Comune di Castagneto Carducci (LI) Via della Repubblica 15/A piano 1°
Tel. 0565 778276 - Fax 0565 763845 cell. 333 2526023


lunedì 21 ottobre 2019

Giornata per la Pace


Dalla marcia mondiale per la Pace alla giornata per la pace e la nonviolenza in Val di Cecina, il passo è breve

Parte da maggio/giugno 2020 la camminata per la Pace e della Nonviolenza in val di Cecina.
L’idea nasce dal Comune di Castellina M.ma (PI) che ha votato all’unanimità una delibera, per indire “La giornata della Pace e della nonviolenza”. La proposta è stata accolta con entusiasmo dal coordinamento del Tavolo per la pace della Val di Cecina.
Lo scopo è quello dare concretezza ai temi legati alla Pace e per il primo anno si svolgerà interamente nel comune di Castellina M.ma. L’auspicio è quello di coinvolgere tutti i comuni della Val di Cecina che fanno parte del Tavolo per la Pace, e farla diventare una piccola marcia per la Pace congiungendo un comune a un altro. “Ogni anno intitoleremo la giornata con un tema che approfondiremo durante le soste ” spiegano Rocco Pompeo (ideatore dell’iniziativa e responsabile del centro studi nonviolenza di Livorno), e Fulvia Vetturini, assessore alla cultura del comune stesso.
La promozione e l’organizzazione è affidata al centro studi nonviolenza con la collaborazione del Tavolo Per la Pace. Gran parte dei comuni del territorio si sono già dichiarati interessati a partecipare attivamente ed a votare una delibera simile. Per poter coinvolgere gli istituti scolastici abbiamo individuato la data della domenica 31 maggio.

Il coordinatore della Bassa val di Cecina : Jeff Hoffman



Segreteria Tavolo per la Pace della val di Cecina:
Comune di Castagneto Carducci (LI) Via della Repubblica 15/B
Tel 0565 778276 - Fax 0565 763845 cell. 3332526023



martedì 15 ottobre 2019

Lettera donne Curde


"Determinate a combattere fino alla pace, alla giustizia, alla libertà"
la lettera delle donne curde

Nel documento, pubblicato da Repubblica, si chiede di fermare l'offensiva della Turchia: "Siamo determinate a combattere"

"Come donne siamo determinate a combattere fino a quando non otterremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia". Le donne curde si rivolgono al mondo, mentre assistono all'avanzare delle truppe di Erdogan nel loro territorio e cercano di fermarle. Chiedono che la comunità internazionale agisca affinché venga posta fine all' "invasione e dell'occupazione della Turchia nella Siria del nord". Lo fanno con una lettera intitolata "A tutte le donne e ai popoli del mondo che amano la libertà".
Il testo è stato pubblicato da Repubblica ed è la testimonianza della situazione che oggi si trovano a fronteggiare i curdi che abitano nella Siria del nord, da quando il territorio dove vivono è ostaggio dell’offensiva della Turchia.
Nel testo si legge:

Vi stiamo scrivendo nel bel mezzo della guerra nella Siria del Nord-Est, forzata dallo Stato turco nella nostra terra natale. Stiamo resistendo da tre giorni sotto i bombardamenti degli aerei da combattimento e dei carri armati turchi.
Abbiamo assistito a come le madri nei loro quartieri sono prese di mira dai bombardamenti quando escono di casa per prendere il pane per le loro famiglie. Abbiamo visto come l’esplosione di una granata Nato ha ridotto a brandelli la gamba di Sara di sette anni, e ha ucciso suo fratello Mohammed di dodici anni
”.

Le testimonianze non si fermano qui. Nel documento si legge degli attacchi aerei che stanno distruggendo i villaggi, delle persone che sono costrette alla fuga, ma anche della resistenza, senza sconti, che i curdi hanno stanno mettendo in atto. Quindi l’appello alla comunità internazionale, affinché si adoperi per fermare la Turchia. Le donne curde hanno stilato una serie di richieste, tra queste lo stop alla vendita delle armi a Erdogan. Una misura che alcuni Paesi Ue hanno già messo in campo. Nella giornata di oggi, 14 ottobre, anche l’Italia ha annunciato che seguirà questa linea.
Questi gli interventi richiesti dalle donne curde:

-       Fine dell’invasione e dell’occupazione della Turchia nella Siria del nord
-       Istituzione di una No-Fly zone per la protezione della vita dela popolazione nella Siria del nord e dell’est
-       Prevenire ulteriori crimini di guerra e la pulizia etnica da parte delle forze armate turche
-       Garantire la condanna di tutti i criminali di guerra secondo il diritto internazionale
-       Fermare la vendita di armi in Turchia
-       Attuare sanzioni economiche e politiche contro la Turchia
-       Adottare provvedimenti immediati per una soluzione della crisi politica in Siria con la partecipazione e la rappresentanza di tutte le differenti comunità nazionali, culturali e religiose in Siria.




sabato 12 ottobre 2019

Gli F-35 nell'agenda segreta di Pompeo


C’erano gli F-35 nell’agenda segreta di Pompeo a Roma

di Manlio Dinucci
Benché non ufficialmente, la vendita degli F-35 era nel programma del viaggio di Mike Pompeo in Italia. Anche la visita in Vaticano ufficialmente riguardava questioni teologiche, in realtà verteva sulla mobilitazione della Santa Sede contro Cina, Cuba, Iran e Siria.
Il caccia stealth F-35 si rende invisibile non solo ai radar ma anche alla politica: nei comunicati degli incontri del segretario di stato Usa Mike Pompeo a Roma non ce n’è traccia. Il Corriere della Sera rivela però che Pompeo ha richiesto all’Italia di pagare gli arretrati sui caccia acquistati e di sbloccare l’ordine per un ulteriore acquisto, ricevendo da Conte l’assicurazione che «saremo fedeli ai patti».
L’ITALIA HA ACQUISTATO finora 14 caccia F-35 dalla statunitense Lockheed Martin, 13 dei quali, già consegnati, sono «completamente finanziati». Lo ha precisato al Senato il 3 giugno l’allora ministro della Difesa Elisabetta Trenta (M5S), annunciando altri acquisti che porteranno il totale a 28 caccia entro il 2022.
L’Italia si è impegnata ad acquistarne 90, con una spesa prevista in circa 14 miliardi di euro.
A tale spesa si aggiunge quella del continuo aggiornamento del software (l’insieme dei programmi operativi) del caccia su cui la Lockheed Martin mantiene l’esclusiva: solo per quello dei velivoli finora acquistati l’Italia deve già spendere circa mezzo miliardo di euro.
L’Italia non è solo acquirente ma fabbricante dell’F-35, quale partner di secondo livello. La Leonardo (già Finmeccanica) – la maggiore industria militare italiana, di cui il Ministero dell’economia e delle finanze è il principale azionista con una quota di circa il 30% – gestisce la linea di assemblaggio e collaudo degli F-35 nello stabilimento Faco di Cameri (Piemonte), da cui escono i caccia destinati all’Italia e all’Olanda.
LA LEONARDO PRODUCE anche le ali complete per aerei assemblati negli Usa, utilizzando materiali prodotti negli stabilimenti di Foggia (Puglia), Nola (Campania) e Venegono (Lombardia). Il governo Usa ha selezionato lo stabilimento di Cameri come centro regionale europeo per la manutenzione e l’aggiornamento della fusoliera. L’occupazione alla Faco è di circa un migliaio, di cui molti precari, appena un sesto di quella preventivata. Le spese per la realizzazione dello stabilimento e l’acquisto dei caccia sono di gran lunga superiori all’importo dei contratti stipulati da aziende italiane per la produzione dell’F-35.
E non va dimenticato il fatto che, mentre i guadagni vanno quasi interamente nelle casse di aziende private, le spese escono dalle casse pubbliche, facendo lievitare la spesa militare italiana che ha già raggiunto i 70 milioni di euro al giorno.
IL SEGRETARIO DI STATO Mike Pompeo, negli incontri col presidente Mattarella e il premier Conte, ha sottolineato la necessità per l’Italia e altri alleati europei, di «aumentare i loro investimenti nella difesa collettiva della Nato».
Sicuramente, negli incontri riservati, tale richiesta è stata fatta da Pompeo con toni non diplomatici ma perentori. Sicuramente, mentre il Dipartimento di stato loda l’Italia perché «ospita oltre 30 mila militari e dipendenti del Pentagono in cinque basi maggiori e oltre 50 sub-installazioni», Mike Pompeo ha chiesto, negli incontri riservati, di poter installare in Italia altre basi militari (magari in cambio di qualche alleggerimento dei dazi Usa sul parmigiano italiano). Sicuramente, nell’agenda segreta di Pompeo, rientrava anche la messa a punto per il prossimo arrivo in Italia delle nuove bombe nucleari Usa B61-12, che sostituiranno le attuali B-61.
UNA NUOVA ARMA nucleare progettata in particolare per i cacciabombardieri F-35A, sei dei quali, appartenenti all’Aeronautica italiana, hanno ricevuto in ottobre l’attestato Nato di piena capacità operativa.
Mike Pompeo a Roma non si è occupato solo di cose materiali, come l’F-35 e il parmigiano. In un simposio in Vaticano ha tenuto il 1° ottobre una ’orazione’ su «Dignità Umana e Fede nelle Società Libere»: ha affermato – citiamo l’Osservatore romano – che «gli Stati uniti sono arrivati un po’ dopo San Pietro, ma da sempre hanno protetto la libertà religiosa» e, con essa, la «dignità umana»; ha accusato Cina, Cuba, Iran e Siria di reprimere tali libertà. Parole pronunciate, con sullo sfondo una grande croce, da un sant’uomo che, al momento di divenire capo della Cia, dichiarava al Congresso che avrebbe considerato «la reintroduzione del waterboarding e di altre misure di interrogatorio potenziato», ossia della tortura.
Manlio Dinucci



Annet Henneman - Il teatro di nascosto


Annet Henneman - Il Teatro di nascosto


Stiamo preparando il festival mentre la guerra, l'invasione del Kurdistan siriano da parte dell'armata Turca, va avanti.

Il Festival Teatro di Nascosto 2019 racconterà la vita di chi ha la sfortuna di essere nato in questi territori di conflitto del medioriente, dove in questo momento stesso una pioggia di bombe, spari, infiniti, fa scappare un'altra volta la popolazione civile, in grande quantita', dal territorio...

Anni di guerra, di dolore, di non futuro nel Kurdistan, nell'Iraq, Siria, in Palestina, Gaza e tanti altri paesi...
Ogni volta si parla solo del paese dove il conflitto esplode, ma non esplode dal niente, esplode da lunghe preparazioni, accordi economici, strategici... Cosa possiamo fare?
Ne parleremo anche nel festival con i nostri attori, giornalisti, attivisti che vivono li, in un programma che prevede spettacoli, musica, film.
Ieri non riuscivo a condividere la nostra foto allegra delle nostre preparazioni per il festival, perché troppi amici, in questo momento, e non solo in Kurdistan siriano, ma anche in Kurdistan turco, stanno soffrendo... E sono già dimenticati, da quando sembra tornata una tranquillità superficiale dopo le dimostrazioni in Iraq, i più di 100 morti e 4.000 i morti di Gaza e ... e... ?
Verranno direttamente da li, da questi territori, il nostri attori, giornalisti, del gruppo internazionale per raccontare...
Sarete tutti benvenuti quando verrete a seguirci, nelle preparazioni e durante il festival dal 27 novembre al 1 dicembre...

70° della RPC


70° della RPC: la cancellazione della storia

di Manlio Dinucci
La Cina Popolare non rappresenta una minaccia per il resto del mondo: la sua non è una mentalità da potenza conquistatrice, bensì da resiliente. In questo senso devono essere interpretate le cerimonie del 70° anniversario di fondazione della repubblica. Si è risollevata politicamente ed economicamente dall’aggressione di cui fu vittima nel XIX secolo, oggi però la sua cultura non esercita alcuna attrazione sulle altre.
Settanta anni fa, il 1° ottobre 1949, Mao Zedong proclamava, dalla porta di Tien An Men, la nascita della Repubblica popolare cinese. L’anniversario viene celebrato oggi con una parata militare, di fronte alla storica porta a Pechino.
Dall’Europa al Giappone e agli Stati uniti, i grandi media la presentano come una ostentazione di forza di una potenza minacciosa. Praticamente nessuno ricorda le drammatiche vicende storiche che portarono alla nascita della Nuova Cina.
Scompare così la Cina ridotta allo stato coloniale e semicoloniale, sottomessa, sfruttata e smembrata, fin dalla metà dell’Ottocento, dalle potenze europee (Gran Bretagna, Germania, Francia, Belgio, Austria e Italia), dalla Russia zarista, dal Giappone e dagli Stati uniti. Si cancella il sanguinoso colpo di stato effettuato nel 1927 da Chiang Kai-shek – sostenuto sia dagli anglo-americani che da Hitler e Mussolini, alleati del Giappone – che stermina gran parte del Partito comunista (nato nel 1921) e massacra centinaia di migliaia di operai e contadini. Non si fa parola della Lunga Marcia dell’Esercito Rosso che, iniziata nel 1934 quale disastrosa ritirata, viene trasformata da Mao Zedong in una delle più grandi imprese politico-militari della storia. Si dimentica la guerra di aggressione alla Cina scatenata dal Giappone nel 1937: le truppe nipponiche occupano Pechino, Shanghai e Nanchino, massacrando in quest’ultima oltre 300 mila civili, mentre oltre dieci città vengono attaccate con armi biologiche. Si ignora la storia del Fronte unito antigiapponese, che il Partito comunista costituisce con il Kuomintang: l’esercito del Kuomintang, armato dagli Usa, da un lato combatte gli invasori giapponesi, dall’altro sottopone a embargo le zone liberate dall’Esercito rosso e fa sì che si concentri contro di esse l’offensiva giapponese; il Partito comunista, cresciuto da 40 mila a 1,2 milioni di membri, guida dal 1937 al 1945 le forze popolari in una guerra che logora sempre più l’esercito nipponico. Non si riconosce il fatto che, con la sua Resistenza costata oltre 35 milioni di morti, la Cina contribuisce in modo determinante alla sconfitta del Giappone il quale, battuto nel Pacifico dagli Usa e in Manciuria dall’Urss, si arrende nel 1945 dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Si nasconde cosa avviene subito dopo la sconfitta del Giappone: secondo un piano deciso a Washington, Chiang Kai-shek tenta di ripetere quanto aveva fatto nel 1927, ma le sue forze, armate e sostenute dagli Usa, si trovano di fronte l’Esercito popolare di liberazione di circa un milione di uomini e una milizia di 2,5 milioni, forti di un vasto appoggio popolare. Circa 8 milioni di soldati del Kuomintang vengono uccisi o catturati e Chiang Kai-shek fugge a Taiwan sotto protezione Usa.
Questo, in estrema sintesi, è il percorso che porta alla nascita della Repubblica popolare cinese 70 anni fa.
Una storia scarsamente o per niente trattata nei nostri testi scolastici, improntati a una ristretta visione eurocentrica del mondo, sempre più anacronistica. Una storia volutamente cancellata da politici e opinion makers perché porta alla luce i crimini dall’imperialismo, mettendo sul banco degli imputati le potenze europee, il Giappone e gli Stati uniti: le «grandi democrazie» dell’Occidente che si autoproclamano giudici supremi col diritto di stabilire, in base ai loro canoni, quali paesi siano e quali non siano democratici.
Non siamo però più all’epoca delle «concessioni» (aree urbane sotto amministrazione stra-niera) che queste potenze avevano imposto alla Cina, quando al parco Huangpu a Shanghai veniva «vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi».

venerdì 11 ottobre 2019

Signor Ministro... e la Pace ?



Signor Ministro… e la Pace?

Mons. Giovanni Ricchiuti
Presidente Pax Christi Italia

Caro Ministro della Difesa
Lorenzo Guerini,
mi rivolgo a lei dalle pagine della rivista promossa da Pax Christi, Mosaico di pace, innanzitutto per augurarle buon lavoro e per chiederle che alcuni temi cari a noi e a tante altre donne e uomini che credono nella pace siano presi in considerazione da lei e dal Governo.
In queste settimane si è parlato molto di rispetto della Costituzione, ma non mi pare di aver sentito risuonare nelle aule parlamentari le parole: pace, disarmo, riduzione delle spese militari.
Eppure sappiamo tutti come sia vitale mettere la pace al centro della vita politica.
Ce lo ricorda la Carta delle Nazioni Unite: “Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole…”.
Ce lo ricorda la nostra Costituzione, con l’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra…”. Eppure in Italia per le spese militari investiamo 25 miliardi di euro all’anno! 68 milioni al giorno, 2,8 milioni all’ora, oltre 45.000 euro al minuto!
Le ricordo inoltre che l’Italia entro la fine del 2019 può ancora uscire dal costosissimo progetto degli F35. Dal gennaio del prossimo anno non sarà più possibile. Come lei ben sa, gli F35 sono aerei da guerra, abilitati anche al trasporto di testate nucleari.  Un impegno di spesa di circa
10 miliardi. Il costo di ogni aereo si aggira sui 130 milioni di euro. E mi dicono che ci stiamo avventurando in un nuovo progetto di aereo militare: Tempest, ne abbiamo proprio bisogno?
E poi ci sono le bombe atomiche in Italia, nelle basi di Aviano e di Ghedi. Non sappiamo il numero esatto, ma abbiamo motivo di pensare che siano complessivamente alcune decine, o forse più. E per il prossimo anno è previsto l’arrivo di altre testate, le micidiali B61-12. Sono sul territorio italiano, ma nelle basi Usa e Nato, e di più non è possibile sapere.
Signor Ministro, tutto questo le pare rispettoso della Costituzione?
Rinnovo quindi l’invito a sottoscrivere il Trattato sulla messa al bando degli arsenali nucleari, firmato al Palazzo delle Nazioni unite il 7 luglio 2017, che entrerà in vigore solo se sarà ratificato da almeno 50 paesi e l’Italia non lo ha ancora fatto! Sarebbe un bel gesto di nuovo umanesimo. “È immorale non solo l’utilizzo, ma anche il possesso di armi nucleari”, ci ricorda papa Francesco!
Signor Ministro, desidero sottolineare ancora un punto necessario per una società nuova e smilitarizzata: il pericoloso rapporto tra mondo scolastico e mondo militare. Assistiamo sempre più frequentemente a presenze militari all’interno delle scuole e a visite scolastiche presso caserme o basi militari. Classi di bambini, talora anche piccoli, accompagnati a scoprire “eccellenze e primati tecnologici”, che di fatto tendono a coprire il vero volto della guerra che è distruzione e morte. Com’è possibile educare alla pace in questo modo?
Non mi dilungo, infine, sulla situazione della Rwm di Domusnovas. Mi auguro che ci sia un impegno, in primis da parte del Governo e delle istituzioni statali, per una riconversione della produzione bellica, come da tempo chiediamo insieme a tante altre persone della società civile.
Le chiedo, dunque, di dare dei segnali chiari nella direzione della pace, del disarmo e del ripudio della guerra. Le ricordo che tra i promotori che hanno spinto all’approvazione di legge 185/90, che regola l’export di armi, c’era anche il mio predecessore alla presidenza di Pax Christi, don Tonino Bello, ben cosciente che quella legge era solo un piccolo passo verso un’altra che dovrebbe avere un solo articolo: “Le armi non si producono, non si vendono e non si comprano”. Se non vogliamo che quanto scritto nella Carta delle Nazioni unite resti lettera morta, dobbiamo compiere scelte concrete di pace.





domenica 29 settembre 2019

Narcisismo patologico


NARCISISMO PATOLOGICO
[Giordano Ruini]
Davvero avete bisogno
di sapere se il clima è impazzito
se quella ragazzina è manovrata
se è vero che i ghiacciai si sciolgono
se l’Amazzonia brucia
se la plastica soffoca gli oceani
se il pianeta collasserà nel 2050
se le emissioni di Co2 sono sopra il livello di guardia?

A me basta
osservare la fila di auto al mattino sulla statale
per finire almeno otto ore al giorno in contesti tossici
costretti in ansie e doveri
vedervi fare quello che anestetizza l’anima
e non quello che vi libera
per tornare la sera cinici ingrigiti
A me basta vedere i vicini di casa
che sono più irritati dalle foglie della quercia in autunno
che dal rumore e dalla polvere dei camion

A me basta
sapere che vi sembra normale
lasciarvi imbruttire da un’altra banalità
incazzarvi per un commentino sui social
ma ignorare il continuo sperpero della vostra vita
e non cantare mai

A me basta
vedere quel ragazzino che si chiude in casa per sempre
perché non ne vuole sapere di questa infelicità
di questa burocratizzazione dell’umano
di questi adulti così marci che non comprendono
che la vera emergenza
è non saper riconoscere la meraviglia di un fiore

A me basta
vedere un esercito di depressi che bramano psicofarmaci e ansiolitici
riempiendo le tasche velenose di chi gli sta rubando la vita
e sentire dentro di me che questa depressione
è una ovvia risposta del corpo a tutto quello che non va e a cui non dico di no

A me basta
essere allergico al polline e far fatica a respirare
per l’aria tumorale di questa pianura
che cresce come il vostro Pil

A me basta
vedere i tuoi parenti che muoiono di cancro
per Augusta, per l’Ilva, per l’acqua contaminata, per il cibo guastato dal profitto
e sentire gli schiavi degli schiavi che dicono
“meglio morire di lavoro che di fame”

A me basta vedere
quanti soldi buttate per la ricerca contro le malattie
quando è questo costringersi alla falsità
che ci fa esplodere il pancreas
distrugge la cistifellea e annerisce il colon
e che le cellule diventano tumorali
perché la bellezza è oscurata e la gioia non trova spazio
Avete ancora bisogno di ascoltare i dibattiti e ragionare sui dati
per sapere che la casa è in fiamme
che l’inquinamento fuori è identico a quello dentro l’umano
che tu per primo stai bruciando
e che basta
la tua attenzione gentile
che ti fermi adesso, che respiri, che ti vedi
che basta il tuo cuore aperto e vulnerabile
per curare tutto il mondo?

A me basta.
 


mercoledì 25 settembre 2019

Giornata per eliminare le armi nucleari


  Il 26 settembre giornata per eliminare le armi nucleari: 

   lettera Anci e CRI

 

Il 26 settembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari. Nel mondo ci sono più di 13.800 testate nucleari e per questo il 7 luglio 2017 è stato approvato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Si tratta del primo trattato che rende illegali l’uso, la minaccia, il possesso e lo stazionamento di armi nucleari.
Il Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa è impegnato affinché il trattato venga adottato dal maggior numero di paesi. «Nuclear Experience – Croce Rossa Italiana per il disarmo nucleare» è la campagna sviluppata dalla CRI per sensibilizzare le persone sul tema delle armi nucleari affinché l’Italia aderisca al più presto al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari.
Nel 1954 il sindaco di Firenze Giorgio La Pira tenne un discorso al Comitato Internazionale della Croce Rossa dal titolo “Il valore delle città”. Davanti alla minaccia nucleare, La Pira rivendicò “il diritto all'esistenza delle città umane, un diritto di cui siamo titolari, noi della generazione presente, ma del quale sono titolari ancor di più gli uomini delle generazioni future”.
Insieme ad ANCI, chiediamo ai Comuni italiani e ai Comitati CRI di aderire alla campagna social che si svolgerà il 26 settembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari, per chiedere che l’Italia aderisca al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari.

Lettera, a firma del Segretario generale di ANCI, VeronicaNicotra e del Segretario generale della Croce Rossa Italiana, FlavioRonzi con relativo allegato inerente “La giornata internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari” prevista per il prossimo 26 settembre e la campagna social “Il Valore delle città”.
L’auspicio è che tutti i Comuni possano caricare sui loro siti e sulle loro pagine istituzionali contenuti e immagini per chiedere che l’Italia aderisca al trattato per l’eliminazione delle armi nucleari.

giovedì 12 settembre 2019

Gli incendiari gridano al fuoco

Amazzonia, gli incendiari gridano al fuoco


Ieri alleati, oggi nemici: i Paesi che hanno investito in Brasile, spronando l’industria a sfruttarne le ricchezze in modo sfrenato, ora denunciano i disastri di siffatto modello economico.
[di Manlio Dinucci]
Di fronte al dilagare degli incendi in Amazzonia, il vertice del G7 ha cambiato la sua agenda per «affrontare l’emergenza».
I Sette Grandi – Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Canada e Stati uniti – hanno assunto, insieme all’Unione europea, il ruolo di vigili del fuoco planetari. Il presidente Macron, in veste di capo pompiere, ha lanciato l’allarme «la nostra casa è in fiamme». Il presidente Donald Trump ha promesso il massimo impegno statunitense nell’opera di spegnimento degli incendi. I riflettori mediatici si concentrano sugli incendi in Brasile, lasciando in ombra tutto il resto.
Anzitutto il fatto che ad essere distrutta non è solo la foresta amazzonica (per i due terzi brasiliana), ridottasi nel 2010-2015 di quasi 10 mila km2 l’anno, ma anche la foresta tropicale dell’Africa equatoriale e quella nell’Asia sud-orientale.
Le foreste tropicali hanno perso, in media ogni anno, una superficie equivalente a quella complessiva di Piemonte, Lombardia e Veneto. Pur differendo le condizioni da zona a zona, la causa fondamentale è la stessa: lo sfruttamento intensivo e distruttivo delle risorse naturali per ottenere il massimo profitto.
In Amazzonia si abbattono gli alberi per ricavarne legname pregiato destinato all’esportazione. La foresta residua viene bruciata per adibire tali aree a colture e allevamenti destinati anch’essi all’esportazione. Questi terreni molto fragili, una volta degradati, vengono abbandonati e si deforestano quindi nuove aree. Lo stesso metodo distruttivo viene adottato, provocando gravi danni ambientali, per sfruttare i giacimenti amazzonici di oro, diamanti, bauxite, zinco, manganese, ferro, petrolio, carbone. Contribuisce alla distruzione della foresta amazzonica anche la costruzione di immensi bacini idroelettrici, destinati a fornire energia per le attività industriali.
Lo sfruttamento intensivo e distruttivo dell’Amazzonia viene praticato da compagnie brasiliane, fondamentalmente controllate – attraverso partecipazioni azionarie, meccanismi finanziari e reti commerciali – dai maggiori gruppi multinazionali e finanziari del G7 e di altri paesi.
Ad esempio la JBS, che possiede in Brasile 35 impianti di lavorazione di carni dove si macellano 80 mila bovini al giorno, ha importanti sedi in Usa, Canada e Australia, ed è largamente controllata attraverso quote del debito dai gruppi finanziari creditori: la JP Morgan (Usa), la Barclays (GB) e le finanziarie della Volkswagen e Daimler (Germania).
La Marfrig, al secondo posto dopo la JBS, appartiene per il 93% a investitori statunitensi, francesi, italiani e ad altri europei e nordamericani. La Norvegia, che oggi minaccia ritorsioni economiche contro il Brasile per la distruzione dell’Amazzonia, provoca in Amazzonia gravi danni ambientali e sanitari con il proprio gruppo multinazionale Hydro (per la metà di proprietà statale) che sfrutta i giacimenti di bauxite per la produzione di alluminio, tanto che è stato messo sotto inchiesta in Brasile. I governi del G7 e altri, che oggi criticano formalmente il presidente brasiliano Bolsonaro per pulirsi la coscienza di fronte alla reazione dell’opinione pubblica, sono gli stessi che ne hanno favorito l’ascesa al potere perché le loro multinazionali e i loro gruppi finanziari abbiano le mani ancora più libere nello sfruttamento dell’Amazzonia.
Ad essere attaccate sono soprattutto le comunità indigene, nei cui territori si concentrano le attività illegali di deforestazione. Sotto gli occhi di Tereza Cristina, ministra dell’agricoltura di Bolsonaro, la cui famiglia di latifondisti ha una lunga storia di occupazione fraudolenta e violenta delle terre delle comunità indigene.