In diecimila per ricordare Peppino.
Nell’arco di quarant’anni dalla sua morte questa è stata
forse la manifestazione più partecipata, superando forse quella
partecipatissima del 2008, cioè del trentennale.
Le iniziative sono state spalmate in dieci giorni e hanno
visto la partecipazione di scrittori, uomini politici, atleti, studenti,
parenti di vittime di mafia e protagonisti della recente storia d’Italia. Per
l’occasione sono usciti due libri, uno “La voce d’Impastato”, edito da Nuova
Dimensione e scritto da Ivan Vadori che, con attenta e scrupolosa ricerca ha
ripercorso i fatti più rilevanti verificatisi dalla morte di Peppino a Mafia
Capitale, corredandoli con una serie di testimonianze di protagonisti che
queste storie hanno vissuto, l’altro “Peppino Impastato, le poesie e le
trasmissioni a Radio Aut”, nel quale si ripropone il libro di poesie di Peppino
curato da Salvo Vitale e da Guido Orlando, pubblicato nel 2008 con allegato, in
cofanetto, un dvd con tutte le trasmissioni di “Onda Pazza”. Qualche altro
libro, come quello delle testimonianze di compagni e amici di Peppino uscirà
tra qualche mese, e comunque, entro l’anno.
Il corteo, come ogni anno è partito da Terrasini,
esattamente da quella che fu la sede di Radio Aut, ha percorso la distanza tra
i due paesi, di circa due km e si è fermato
a Cinisi, davanti alla casa che fu di
Peppino e che oggi è sede di Casa Memoria, un posto diventato meta di numerose
scolaresche, oltre che di persone, in gran parte giovani, che effettuano viaggi
per conoscere i luoghi della Sicilia dove mafia e antimafia si sono alternate
in una storia che ha visto da una parte morti e miseria, dall’altra voglia di
riscatto e lotte coraggiose. In
quest’ottica il barbaro assassinio di Peppino Impastato e lo scientifico depistaggio
che venne messo in atto al momento della sua morte, costituiscono un essenziale
passaggio per capire sino a che punto negli anni passati c’è stato un tacito
accordo tra la mafia, gli uomini politici, le forze dell’ordine e i magistrati.
Nel suo intervento finale Giovanni Impastato ha ripercorso
una serie di numerose vicende, soffermandosi alle iniziative degli ultimi anni,
che hanno cercato di affrontare temi come quello della lotta alla mafia, quello
sui diritti negati e quello sull’eredità e sulle prospettive da lasciare
nell’immediato futuro. L’intervento di don Ciotti è stato applauditissimo e ha
preso come spunto l’esempio di Peppino e il suo bisogno di comunicare per
suggerire ai giovani vie diverse dalla rassegnazione, in partenza quelle della
lotta al potere e all’iniqua divisione delle ricchezze. Sui limiti
dell’informazione in Italia e sulle continue minacce che tengono sotto scacco i
giornalisti italiani più esposti si è soffermato Giuseppe Giulietti.
Interventi di Susanna Camusso, che ha sfiorato i drammatici
problemi di miseria e di mancanza di lavoro in cui si dibatte il sud, di
Umberto Santino, che ha ripercorso le tappe di quarant’anni d’impegno, citando,
come ogni anno, momenti in parte
conosciuti e di Carlo Bommarito, che, a nome dell’Associazione
Impastato ha fatto riferimento all'impegno ambientalista,
costantemente ignorato dalle amministrazioni locali.
Alla fine c’è stato un collegamento con i genitori di
Regeni e l’invito, da parte di costoro, a non considerare le manifestazioni e i
momenti di richiesta di giustizia come cose inutili.
La grande partecipazione poteva anche essere più numerosa se lo sciopero degli aerei non
avesse costretto una quarantina di altre scuole a fermarsi senza la possibilità
di arrivare a Cinisi.
Nei dieci giorni d’impegno, pazientemente portati avanti
da Casa Memoria e da Giovanni Impastato, che ne è il coordinatore, uno dei temi
non ufficialmente affrontati, ma emerso prepotentemente, è stato quello di non
ridurre Peppino a un santino, a una icona da inserire nel pantheon degli eroi
antimafia. E’ il vecchio problema dell’identità di Peppino, negata o alterata dall’immagine che ne hanno
dato i mass media o i film su di lui e su Felicia. Qualcuno ha visto nel
Peppino de “I cento passi” “un ragazzetto che fa scenate o che compie la famosa
camminata”, senza soffermarsi sugli altri profondi significati che il film
suggerisce, qualche altro presenta Peppino come un esempio di educazione alla
legalità, senza tenere conto che Peppino non aveva niente da spartire, anzi era
nemico di quella legalità che significa rispetto e ossequio passivo alle
istituzioni e al potere delle classi dominanti,
qualche altro lo presenta come un folle, un utopista, un “illuso”, uno
che si è fatto ammazzare perché non si era reso conto che il potere mafioso è
intoccabile e reagisce con la pena di
morte a chi cerca di metterlo in discussione.
Le migliaia di persone che ogni 9 maggio gridano “Peppino
è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai” troppo spesso
dimenticano che l’idea fondamentale cui
Peppino ha dedicato la vita è il comunismo, da lui definito come “un’esigenza
biologica”, quindi non solo un’idea, ma un modo di essere, una concezione di un
mondo in cui ci sia uguaglianza totale e gioia di vivere. L’altra idea è quella
della rivoluzione, come passaggio obbligatorio per costruire questo mondo,
ovvero l’azzeramento delle regole che sinora hanno governato il vecchio mondo.
La terza idea è quella dello stare insieme, di essere “compagni”, ovvero amici
con cui si divide il pane.
Di tutto questo spesso rimane una maschera, quella
che la società mette su se stessa per coprire le proprie lordure e quella che
si tenta di mettere a Peppino per
occultare la forte carica rivoluzionaria delle sue idee. E’ per questo
che oggi in un anniversario reso sempre più lontano dai ritocchi d’immagine che
se ne fanno, ricordiamo Peppino con
alcuni suoi versi:
Oggi si butta giù
la maschera, mascherandosi.
Il carnevale
è una festa davvero strana:
si vince l'ipocrisia
erigendole un monumento mascherato.
Stasera voglio tagliuzzare
ogni mio sentimento
in mille coriandoli colorati.
Poi li getterò
nella calca dei convenuti
per allietare le loro danze.
(Salvo Vitale)