L’arte della guerra
Grandi manovre nucleari alla Camera
[di Manlio Dinucci]
Il giorno prima che il Trattato
sulla proibizione delle armi nucleari venisse aperto alla firma alle Nazioni
Unite, alla Camera dei deputati è stata approvata il 19 settembre, a grande
maggioranza (296 contro 72 e 56 astenuti), una mozione Pd a firma Moscatt e
altri.
Essa impegna il governo a «continuare a perseguire
l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari attraverso la centralità del
Trattato di non-proliferazione (Tnp), valutando, compatibilmente con gli
obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica, la possibilità di aderire al
Trattato per vietare le armi nucleari, approvato dall'Assemblea generale
dell'Onu».
La
mozione Pd, «su cui il governo ha espresso parere
favorevole», è una cortina fumogena per nascondere il fatto che l’Italia è
accodata al crescente riarmo nucleare Usa/Nato ospitando, in completa
violazione del Tnp, le bombe nucleari Usa B-61 che dal 2020 saranno sostituite
dalle ancora più pericolose B61-12.
La vera posizione del governo
Gentiloni è emersa il giorno dopo quando, attraverso il Consiglio
nord-atlantico di cui fa parte insieme agli altri 28 governi della Nato, ha
respinto in toto e attaccato il Trattato Onu.
Alla Camera dei deputati la
mozione Pd è stata votata da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Scelta Civica,
Alternativa Popolare, Democrazia Solidale e Gruppo Misto.
La Lega Nord, assente in aula al momento del voto, con una sua mozione
chiama il governo «a non rinunciare alla garanzia offerta dalla disponibilità
statunitense a proteggere anche nuclearmente l'Europa e il nostro stesso paese,
non necessariamente rispetto alla Russia». Come se l’Italia fosse in grado di stabilire contro chi
debbano essere puntate le armi nucleari Usa.
Sinistra Italiana e Articolo 1,
nelle loro mozioni respinte dalla Camera, chiedono la rimozione delle armi
nucleari Usa dall’Italia in base al Trattato di non-proliferazione e l’adesione
dell’Italia al Trattato Onu. Però, sulla mozione Pd, entrambi i gruppi non
hanno votato contro ma si sono astenuti.
Ha invece espresso voto contrario
il Movimento 5 Stelle. Nella sua mozione, anch’essa respinta, esso non chiede
però al governo né la rimozione delle armi nucleari Usa dall’Italia in base al
Trattato di non-proliferazione, né l’adesione dell’Italia al Trattato Onu, ma
di «relazionare al Parlamento sulla presenza in Italia di armi nucleari, non
facendosi più paravento di un vincolo atlantico alla riservatezza inesistente
per i cittadini e i parlamentari Usa» e di «dichiarare l'indisponibilità dell'Italia ad
utilizzare armi nucleari, a non acquisire le componenti necessarie per
rendere gli aerei F-35 idonei al trasporto di armi nucleari».
La mozione del M5S rispecchia la
posizione espressa dall’aspirante premier Luigi Di Maio che «non vogliamo
uscire dalla Nato» (come ha dichiarato lo scorso aprile in una conferenza negli
Usa), che (come ha dichiarato in un’intervista lo scorso giugno)
«vogliamo restare nella Nato, ma vogliamo parlamentarizzare gran parte
delle scelte».
Illusione o peggio. Nel Consiglio
nord-atlantico, stabiliscono le norme Nato, «non vi è votazione né decisione a
maggioranza», ma «le decisioni vengono prese all’unanimità e di comune
accordo», ossia d’accordo con gli Stati uniti cui spettano per diritto la
carica di Comandante supremo alleato in Europa e gli altri comandi chiave,
compreso quello del Gruppo di pianificazione nucleare della Nato.
Promettere che gli F-35, aerei
concepiti per l’attacco nucleare soprattutto con le B61-12, possano essere
usati dall’Italia con una sorta di sicura che impedisca l’uso di armi nucleari,
equivale a una favola raccontata ai bambini per fargli dormire sonni
tranquilli.
(il manifesto, 3 ottobre 2017)